Le malattie resistenti ai farmaci potrebbero arrivare a causare entro il 2050 dieci milioni di morti all'anno: è il monito lanciato da un rapporto dell'Onu che denuncia una "crisi globale" sia sanitaria che economica per il "livello allarmante" di resistenza di molti virus ai medicinali di uso comune che finora li avevano debellati.
"Non c'è tempo da perdere, bisogna affrontare le infezioni resistenti ai farmaci", si legge nel rapporto del Gruppo di coordinamento delle Nazioni Unite sulla resistenza antimicrobica (Interagency Coordination Group on Antimicrobial Resistance, Iacg), di cui fanno parte Oms, Fao e Organizzazione mondiale di salute animale (Oie).
Nei prossimi 30 anni, avvertono gli esperti, 2,4 milioni di persone potrebbero morire per questo motivo tra Europa, Nordamerica e Australia. Si tratta di una nuova allerta sull'uso eccessivo di antibiotici e altri farmaci sugli umani, in agricoltura e negli allevamenti, dopo che finora i leader mondiali hanno ignorato il problema.
"Questo è uno tsunami silenzioso", ha avvertito Haileyesus Getahun, direttore dell'Iagc, "non vediamo l'attenzione politica che abbiamo visto su altre emergenze sanitarie ma, se non agiamo adesso, la resistenza antimicrobica avrà un impatto disastroso entro una generazione".
Molte procedure mediche, patologie comuni e operazioni chirurgiche sono diventate a rischio a causa della resistenza agli antibiotici, ma anche a funghicidi, antivirali, antiparassitari e antimicrobici, si legge nella relazione. Per il gruppo di lavoro si rischiano danni all'economia paragonabili a quelli della crisi finanziaria globale del 2008 del 2009 ed entro il 2030 almeno 24 milioni di persone potrebbero finire in condizioni di povertà estrema.
Già oggi si stima che le malattie resistenti ai farmaci siano la causa di 700mila morti l'anno nel mondo, di cui 230.000 attribuibili alla tubercolosi. Molto diffuse sono anche le infezioni del tratto respiratorio, le infezioni sessuali e quelle legate all'alimentazione o a procedure mediche invasive.
Nel rapporto si insiste sulla necessità di interventi a livello globale che riguardino la salute umana, ma anche quella animale e dell'ambiente. In particolare occorrono piani nazionali con risorse adeguate, normative rigide e campagne informative per limitare l'uso degli antibiotici negli uomini, negli animali e nelle piante.