La strada per la pace in Libia è ancora molto lunga: a Berlino è stato compiuto un primo passo. I 15 Paesi che hanno partecipato alla Conferenza voluta dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno espresso consenso unanime su tre punti fondamentali: favorire il cessate il fuoco, rispettare l'embargo contro le armi e tirarsi indietro dalle interferenze.
Nei fatti, i due principali contendenti per il potere sul terreno, il presidente del Governo di accordo nazionale, Fayez al Serraj, e il generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, non hanno voluto parlarsi e nemmeno stare nella stessa stanza. Hanno costretto Merkel e i suoi sherpa a fare la spola per strappare l'unica concessione della giornata, un comitato militare dei 5+5 per monitorare la tregua.
L'Italia, ha assicurato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è "assolutamente disponibile ad essere in prima fila anche nella direzione di una missione di monitoraggio della pace". "Ne abbiamo parlato, ci abbiamo riflettuto anche all'interno del governo", ha sottolineato il premier. Per il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, la conferenza di Berlino "ha raggiunto i risultati che si era data. Non sono stati risolti tutti i problemi, ma è stato compiuto il passo in avanti che aspettavamo".
Tra Serraj e Haftar "ci sono tante divergenze, non si vogliono parlare", ha evidenziato Merkel a conclusione della Conferenza durata oltre quattro ore e partita con l'auspicio di Papa Francesco che sia "un cammino verso la cessazione delle violenze e una soluzione negoziata che conduca alla pace e alla tanto desiderata stabilità del Paese".
"È ancora impossibile organizzare un dialogo tra le parti in conflitto in Libia, ma è stato fatto un piccolo passo avanti rispetto all'incontro di Mosca", ha ammesso il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. "Non abbiamo risolto tutti i problemi" ha premesso la cancelliera "ma abbiamo creato lo spirito, la base per poter procedere sul percorso Onu designato da Salame'", l'inviato speciale dell'Onu in Libia.
È emerso "un forte impegno di tutti per una soluzione pacifica della crisi", ha assicurato il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, che aveva ricevuto con Merkel i leader arrivati a Berlino per non lasciare dubbi sul ruolo dell'Onu nel dossier. "Non esiste soluzione militare e tutti sono d'accordo su questo, anche quelli che possono avere ruolo diretto nel conflitto", ha ribadito in conferenza stampa finale senza fare nomi. Ma era chiaro a chi si riferisse: alla Turchia, che a Tripoli ha già mandato ufficialmente truppe in sostegno di Serraj; e Russia che sostiene Haftar in via parallela, affidandosi ai mercenari.
Attorno al tavolo c'erano anche altri attori di primo ordine con visioni non sempre in sintonia: il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, convinto sia "giunta l'ora per i libici di scrivere il proprio futuro"; il presidente francese, Emmanuel Macron, molto preoccupato dell'invio di mercenari siriani filo-turchi; il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, sponsor dell'iniziativa tedesca. E ancora: gli emiratini che, secondo il New York Times, continuano a incitare Haftar a non arrendersi al cessate il fuoco.
Tutti attori direttamente coinvolti dall'embargo sulle armi, previsto dal documenti di 55 articoli approvato che che dovrà essere adottato dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dietro anche forte insistenza di Mosca che punta ad avere l'ultima parola da membro permanente.
Al summit non si è parlato tuttavia delle sanzioni a chi non rispetterà l'embargo, così come non è chiaro che ne sarà di chi è già sul terreno per combattere per i propri interessi a nome dei libici.
Per il segretario generale dell'Onu, "in Libia c'era il rischio di una vera escalation regionale, ma è stata evitata a Berlino, dove c'è stato un forte impegno per fermarla. Questo è un importante risultato della conferenza". Serraj e Haftar hanno anche dato la loro approvazione alla convocazione della conferenza intra-libica, da tenersi probabilmente a Ginevra. La data della conferenza è stata approvata ma non è ancora nota.