Sono passati 20 anni dalla morte di Lady Diana, due decadi che in termini giornalistici sembrano quasi ere geologiche. La “principessa del popolo”, infatti, è morta nell’era pre-social, quando le notizie non venivano ‘consegnate a domicilio’ sul cellulare e preannunciate dal suono dell’alert. E quando il lettore (o spettatore che fosse) aveva un ruolo, per così dire, passivo, senza alcuno spazio per commentare e diffondere a sua volta le informazioni. Per alcuni era un mondo più sano, per altri il giornalismo deve molto ai social network. Ma al di là del dibattito, nel giorno dell’anniversario della morte di Diana Spencer, uccisa a soli 36 anni in un terribile incidente d’auto nel tunnel de l’Alma a Parigi in cui perse la vita anche il suo fidanzato Dodi Al Fayed, il quotidiano britannico Independent racconta cosa accadde nella redazione della BBC in quelle fatidiche ore. E lo fa per bocca dei giornalisti che presentarono le edizioni notturne del telegiornale, con lo spettro della fake news che aleggiava già allora.
Il primo flash di agenzia
“Diana è rimasta ferita in un incidente d’auto”. La sera del 31 agosto del 1997 la redazione televisiva della BBC, nell’ovest di Londra, era quasi completamente vuota, quando alle 00.55, la reporter notturna del canale televisivo Maxine Mawhinney sedette al desk per un altro turno tranquillo. Alle 00.58, poco prima di andare in onda con l’edizione dell’una, diede una rapida occhiata alle ultime notizie e notò un flash: “Diana è rimasta ferita in un incidente automobilistico a Parigi”. “Mi voltai verso il mio produttore e dissi: ‘Questa è interessante. La diamo?’, e lui rispose: ‘Sì, se pensi di avere qualcosa da dire’”, racconta la giornalista. “Partì la sigla del tg, lessi i titoli e poi dissi: ‘Prima di proseguire, è arrivata una notizia da Parigi: la principessa del Galles Diana è rimasta ferita in un incidente d’auto’. Era tutto quello che avevamo, ma il produttore mi disse nel microfono di continuare”.
Raccontare i fatti senza l’aiuto di Internet
Ma come? Senza telefoni cellulari, senza accesso a Internet e con un solo lancio di agenzia, Mawhinney dovette affidarsi a fonti meno ufficiali per riempire quel tempo televisivo: “Ero stata dal parrucchiere e avevo letto tutto sulle vacanze di Diana dai giornali scandalistici. Parlai proprio di quello e andammo avanti”.
Il conduttore della BBC Nik Gowing era andato a letto alle 12.30, 40 minuti dopo fu svegliato da una telefonata: era convocato in redazione per occuparsi della notizia. Nick si confrontò a lungo con Maxine e con altri colleghi. Il rischio era quello di incappare in una pericolosa e clamorosa bufala. “Una donna ci chiamò per raccontare di aver visto Diana alzarsi e allontanarsi dalla scena dell’incidente. Come potevamo raccontare i fatti in modo accurato e verificato con le scarne informazioni che avevamo? Era dannatamente difficile”.
Le prime immagini
Dopo circa tre ore di confusione arrivarono le prime immagini dello schianto. Mawhinney realizzò che con tutta probabilità le notizie ancora non verificate che circolavano secondo cui “Diana aveva riportato tagli e un braccio rotto” erano decisamente attenuate. “Appena vidi la prima foto dissi: ‘Oh mio Dio. Come si può sopravvivere a questo?’. Sapevamo già che Dodi era morto ma le immagini mostravano tutta la drammaticità dell’incidente”.
L’intuizione di Sky news
Col passare delle ore le emittenti di tutto il mondo iniziarono a chiamare la BBC per avere notizie. La maggior parte dei giornalisti della redazione non aveva esperienza nelle coperture live, ma Sky News lo faceva dal 1989. E Kay Burle, la presentatrice di punta e più affidabile del gigante dell’informazione, era sveglia dalle 3. “Avevo ricevuto una telefonata che mi informava che Dodi era morto, ma che Diana stava bene: se l’era cavata con una gamba rotta”, ricorda. Poi Burle e colleghi iniziarono a mettere insieme i pezzi del puzzle: “Arrivò un telegramma che diceva che l’aereo su cui volava il segretario degli Esteri Robin Cook era atterrato a Manila, con un fuori programma. Secondo il protocollo, nessun membro del governo britannico può essere in volo durante l’annuncio della morte di un appartenente alla famiglia reale. Fu il primo indizio, ma aspettammo a comunicarlo perché era una notizia troppo potente”.
L’attesa della conferma di Buckingham Palace
Poco dopo il corrispondente della BBC Nicholas Witchell, che era in missione con Cook, chiamò Londra per informare che Diana era morta intorno alle 4 del mattino. Mancava solo la conferma di Buckingham Palace per poterlo comunicare al mondo. “Furono momenti che non dimenticherò mai”, ricorda Maxine. “Ero in onda quando sentii dal microfono nel mio orecchio ‘E’ morta’. Un brivido mi oltrepassò. In redazione scese il silenzio assoluto e io iniziai ad abbassare il tono senza ancora rivelare la verità”.
Per circa un’ora Gowing continuò a parlare con il corrispondente da Parigi Stephen Jessel. Entrambi sapevano che Diana era morta e cercavano di preparare il pubblico al peggio in attesa della luce verde. Alla fine, con l’autorizzazione dell’editore, alle 4.41 Gowing annunciò la morte della principessa del Galles, citando la Press Association. La conferma di Buckingham Palace arrivò solo alle 5.20.