Ha combattuto in Ciad al fianco di Muammar Gheddafi, poi è tornato in Libia per destituirlo; è stato alleato delle milizie islamiche prima di dichiarare loro guerra; a Palermo ha promesso di rispettare il ruolo di Tripoli e ora la sta invadendo. È il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica che vuole conquistare anche la Tripolitania con il suo Esercito nazionale libico.
Il 75enne generale di Agedabia - dato per morto un anno fa quando era ricoverato a Parigi - ha alle spalle una vita da grande stratega militare, cresciuto al fianco del rais Gheddafi prima di essere da lui disconosciuto, e poi condannato a morte in contumacia.
Per anni è stato in esilio in Virginia, negli Stati Uniti, così vicino a Langley, quartier generale della Cia, da destare più di un sospetto di aver collaborato con gli americani nel tentativo di eliminare il dittatore libico. Accanto al futuro rais, Haftar faceva parte dei giovani ufficiali dell'esercito che nel 1969 esautorarono re Idris di Libia. Gheddafi, conquistato il potere, affidò all'amico Khalifa il comando delle forze armate libiche, prima, e la guida della campagna in Ciad, poi.
L'operazione militare nel Paese africano si rivelò un tragico fallimento: nel 1987 Haftar venne catturato con 300 dei suoi uomini. Gheddafi, per risposta, negò la presenza di truppe libiche in Ciad disconoscendo quello che era uno dei consiglieri più prossimi. Finita la prigionia, Haftar dedicò due decenni del suo esilio a cercare di rovesciare il regime di Gheddafi, spinto anche dalla vendetta personale.
Vi riesce nel 2011, quando fa rientro in patria approfittando del caos della Primavera araba. Grazie alla sua esperienza militare, riprende subito il comando di importanti milizie di combattenti nella Cirenaica. Tra loro anche diversi gruppi islamici impegnati nella guerra contro il colonnello Gheddafi. Anche questa alleanza è destinata però presto a finire: chiuso con Gheddafi, Haftar decide di fare pulizia anche tra le milizie. Crea il suo Esercito nazionale e lancia diverse violente campagne militari, da Bengasi a Derna, passando per Zintan.
Nel mirino di Haftar c'è sempre stata Tripoli, nonostante abbia più volte assicurato il suo appoggio alla strategia dell'Onu e agli accordi di Skhirat. "Non si cambia cavallo in mezzo al fiume", aveva affermato durante la sua visita a Palermo, lo scorso novembre, dopo aver abbracciato Fayez al Serraj, presidente del Governo di accordo nazionale. Cinque mesi dopo, sembra aver deciso di abbattere quel cavallo. "Gli abitanti di Tripoli hanno avuto fin troppa pazienza con le bande di criminali", ha spiegato annunciando la sua offensiva sulla capitale.