Il 56% degli israeliani vuole le dimissioni di Benjamin Netanyahu perché le accuse rivolte al primo ministro sono troppo serie e gravi per permettergli di continuare a stare a capo del governo. Di parere contrario il 35% mentre il restante 9% dice di non avere una idea chiara in proposito. Sono i risultati di un sondaggio di Channel 13.
Mercoledì il procuratore generale Avichai Mandelbilt ha formalmente incriminato il leader del Likud per corruzione, frode e violazione della fiducia in tre casi. E da allora la situazione politica nel Paese è sempre più incerta e confusa. Mandelblit ha deciso di creare una apposita commissione di esperti costituzionalisti, lui compreso, per discutere di una serie di questioni che riguardano il futuro politico di Netanyahu, se possa correre per una rielezione mentre è sottoposto a un processo, e se il presidente Reuven Rivlin possa ancora offrirgli il mandato di formare un governo.
Sono in molti quelli che chiedono che Netanyahu faccia un passo indietro. Il suo rivale politico, Benny Gantz, ha ribadito che è pronto a formare un governo di coalizione ma Netanyahu deve dimettersi, ma oppositori al premier escono allo scoperto anche nel suo stesso partito, il Likud.
In particolare, Gideon Sa'ar guida la compagine di coloro che chiedono subito le primarie per eleggere un nuovo leader, prima dell'11 dicembre, quando scade il mandato che il presidente ha consegnato alla Knesset, il Parlamento, per trovare un nuovo governo. Sa'ar aveva già annunciato il desiderio di candidarsi, sostenendo di essere colui che può riunificare il paese.
Ma pronto per il dopo-Netanyahu è anche Nir Barkat, altro esponente di spicco del Likud che per l'immediato futuro propende per la nomina di un vice presidente che possa subentrare a Netanyahu se lui dovesse essere impossibilitato a causa dei suoi guai giudiziari.
Contro Netanyahu, anche il Movimento per la qualità del governo in Israele, una Ong che ha presentato una petizione all'Alta Corte di giustizia per costringere il primo ministro a dimettersi. Il partito Laburista ha annunciato un ricorso simili, appoggiato da altre formazioni politiche, anche se la legge non obbliga il premier non ancora condannato alle dimissioni.