Il parlamento israeliano, la Knesset, ha dato il via libera alla discussa “legge sulla nazionalità”. Tra le misure contenuta nella norma, la lingua ebraica diventa lingua ufficiale del paese, relegando l’arabo a una lingua con “status speciale” che permette il solo accesso a servizi statali.
Inoltre la legge dichiara Gerusalemme capitale d’Israele, riconosce diverse festività ebraiche e stabilisce il calendario ebraico come quello ufficiale del paese. La norma ha lo stesso rango di una legge costituzionale.
Negli scorsi giorni, il presidente israeliano Reuven Rivlin aveva inviato una lettera alla commissione congiunta della Knesset e del comitato per la Costituzione, la legge e la giustizia dicendo che tale testo avrebbe potuto danneggiare il popolo ebraico e Israele.
Lo scontro con l’Ue
Un commento di Emanuele Giaufret, capo della delegazione diplomatica dell'Unione in Israele, è costato all’ambasciatore Ue nello stato ebraico una convocazione al ministero degli Esteri israeliano, che lo ha accusato di aver usato un linguaggio dispregiativo. Il diplomatico aveva detto che la norma "puzzava di razzismo” e avrebbe potuto danneggiare la reputazione internazionale di Israele.
“È come nel Sudafrica dell’Apartheid”
Nei giorni scorsi diverse personalità pubbliche si erano unite all’opposizione nel criticare le misure come discriminatorie e dannose alla reputazione internazionale di Israele. Sia il presidente che il procuratore generale hanno criticato parti della proposta di legge mentre alcuni parlamentari di opposizione hanno paragonato la proposta all’apartheid sudafricano.
Cancellata la norma più controversa
In seguito a queste pressioni Netanyahu e il ministro dell’Educazione hanno raggiunto un accordo per rimuovere la norma più criticata, accusata di legalizzare la discriminazione sulla base dell’etnia o della religione. La clausola 7B della proposta di legge è stata sostituita da un testo che promuove gli insediamenti ebraici, definiti “un valore nazionale” da “incoraggiare e promuovere”. In precedenza riportava che lo stato “autorizza una comunità composta da persone che hanno la stessa fede e nazionalità di mantenere il carattere esclusivo della comunità”.
Nonostante questo, nella serata di sabato scorso migliaia di persone hanno sfilato a Tel Aviv per protestare.