L’ultimo schiaffo, questa volta alla memoria, ha l’aspetto di un albergo e di una residenza per studenti. Secondo il New york Times, il Dublin City Council, l’autorità municipale della capitale irlandese, è sul punto di approvare il progetto di demolizione dell’ultima Magdalene Laundry, le case femminili gestite dalle suore cattoliche, per far posto a un hotel. Lì venivano accolte le ragazze orfani o le madri di bimbi nati fuori dal matrimonio: donne quindi considerate peccatrici, come Maria Maddalena del Vangelo da cui l’istituto prende il nome.
La redenzione passa dal lavare gli stracci
La storia di questi edifici ha radici lontane nel tempo. Fondate nel corso del 19esimo secolo, inizialmente si chiamavano Case Magdalene e rappresentavano il luogo dove venivano accolte le prostitute. L’obiettivo era quello di toglierle dalla strada, di accoglierle per breve tempo e offrire loro una possibilità di riabilitazione nella società. Ma presto le cose cambiarono.
Nel 1922 questi istituti passarono sotto il controllo delle suore di quattro diversi ordini della Chiesa Cattolica, e il loro scopo mutò in modo radicale, diventando vere e proprie laundries, cioè lavanderie, dove non più prostitute, ma donne orfani o ragazze madri venivano rinchiuse e costrette a lavorare, a lavare gli abiti delle suore che gestivano le strutture.
Le lavanderie, dichiarate illegali nel 1978, continuarono ad accogliere donne fino al 1996. L’ultima a rimanere operativa, la Gloucester Street laundry, chiuse i battenti soltanto il 25 ottobre di quell’anno. E ora un albergo rischia di cancellare l’ultima traccia di una delle pagine più buie della storia d’Irlanda.
Please sign & share to prevent the DCC from turning the Sean McDermott Street #Magdalene Laundry into a hotel https://t.co/WD1IQd5tJ5?amp=1
— Justice for Magdalenes Research (@maglaundries) 7 dicembre 2017
Migliaia di donne in schiavitù
Non esiste un dato ufficiale sul numero di donne ricoverate e costrette a lavorare nelle lavanderie Magdalene, ma secondo le stime il dato potrebbe toccare quota 30mila. A pieno regime, la struttura di Gloucester Street ospitava cento lavoratrici, ma edifici simili erano diffusi un po’ in tutto il Paese.
Cattiva alimentazione e carenti condizioni igieniche erano la norma, e le lavoratrici, costrette a un impegno “massacrante”, come lo descrive il Nyt, vivevano in alloggi freddi e umidi e sotto scarsa supervisione medica. Lavavano i panni sporchi delle suore e facevano opere di cucito: mestieri che un giorno, uscite da queste strutture, avrebbero potuto consentire loro di trovare un nuovo impiego.
Ma oltre a non venire pagate, da queste specie di riformatori molte donne non se ne andarono mai, morendo nelle strutture. A metà anni ‘90, ad esempio, venne scoperta una fossa comune nella lavanderia di High Park, nel nord di Dublino: un cimitero improvvisato dove i corpi di 155 donne erano stati abbandonati senza una degna sepoltura. Di un terzo di loro non risulta neppure un certificato di morte.
Il rischio di cancellare la memoria storica
La lavanderia di Gloucester Street è l’ultima testimonianza di quanto successo. Per questo motivo Gary Gannon, consigliere di Dublino, è il portavoce dell’iniziativa che si oppone alla demolizione della struttura per far posto all’albergo e alla residenza per studenti.
La sua proposta è invece quella di trasformare quel luogo del dolore in un memoriale che ricordi quanto accaduto. “Se davvero l’edificio dovesse essere distrutto perderemmo l’opportunità di avere un luogo che ci consenta di capire questa storia. Un posto dove poter toccare le pareti e riconoscere che è esistita una forma di carcerazione istituzionale. Nella nostra società, per più di cento anni, abbiamo rinchiuso donne innocenti, che non hanno mai commesso alcun crimine, soltanto perché ‘colpevoli’ di qualcosa che alcuni hanno reputato immorale”.
‘All memory of what occurred in this place will be erased’ if building sold, says councillor https://t.co/aDH2WmGKtI
— The Irish Times (@IrishTimes) 15 dicembre 2017