Duro colpo a Teheran. Donald Trump reimposta le sanzioni contro l’Iran dopo l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo nucleare tre mesi fa – “il peggiore mai negoziato” - bloccando le transazioni in dollari e strangolando l’economia del Paese per obbligare Hassan Rohani a un nuovo compromesso con Washington. Una prima mossa concreta che anticipa sanzioni ancora più dure, come quella sul petrolio, che verranno introdotte a novembre.
Il presidente iraniano, in un discorso alla nazione, afferma che l’inquilino della Casa Bianca vuole scatenare una “guerra psicologica”.
Le sanzioni – scattate nella mezzanotte del 7 agosto - non solo atrofizzano scambi e transazioni, ma colpiscono soprattutto i cittadini, come accusa il ministro degli Esteri Zarif. Diverse e sanguinose proteste contro il carovita e la crisi economica sono andate in scena nel fine settimana.
L’Iran potrebbe tornare a essere un Paese dove gli scaffali dei supermercati sono sguarniti di marchi globali, e dove a mancare sono soprattutto i farmaci prodotti all’estero; con il rischio che faccia la sua ricomparsa il mercato nero per l’acquisto di cibo e medicinali. Un business parallelo in mano alle classi più ricche, “legate al potere corrotto del clero e dei pasdaran”, scrive la Stampa riprendendo Jason Rezaian, corrispondente del Washington Post a Teheran tra il 2012 e il 2016.
"Le sanzioni iraniane sono state ufficialmente imposte", ha scritto il 7 agosto Donald Trump su Twitter.
"Queste sono le sanzioni più incisive che siano mai state imposte, e in novembre si alzeranno a un altro livello". Il presidente americano ha ribadito che "chiunque intrattenga rapporti commerciali con l'Iran NON farà affari con gli Stati Uniti". "Sto chiedendo la PACE MONDIALE, niente di meno!", ha concluso Trump.
Il governo americano ha deciso di reintrodurre la prima tranche di sanzioni all'Iran che erano state rimosse dopo la firma del Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa): l’accordo quadro siglato nel 2015 tra Teheran, Washington e Unione Europea sospendeva le restrizioni internazionali in cambio dell’impegno da parte della Repubblica Islamica di smantellare il programma di proliferazione nucleare.
Donald Trump, l'8 maggio scorso, ha deciso di abbandonare l’accordo “violato nella morale”, accusando Teheran di non aver limitato il programma. “L’Iran ha sfruttato il sistema finanziario globale per promuovere il terrorismo”, ha più volte affermato Washington.
In cosa consistono le sanzioni
La linea dura della Casa Bianca ha l’obiettivo di "aumentare la pressione economica contro gli ayatollah e impedire che continuino a finanziare attività malevole nella regione”, ha sottolineato un alto funzionario dell'amministrazione americana. La ripresa delle sanzioni punta a isolare economicamente l'esecutivo iraniano, forzando le aziende straniere a ridurre o chiudere i propri affari nel Paese, se non vogliono subire misure punitive che ne limitino l'accesso al mercato a stelle e strisce.
La prima tranche di sanzioni scattata durante la notte riguarda le aziende che operano nei settori della commercializzazione del dollaro, dell'oro, di software per la gestione di processi industriali e di diversi minerali come grafite, metalli grezzi e carbone.
Già in passato gli Usa avevano usato queste armi per mettere in ginocchio Teheran, obbligando il regime a trattare sul programma atomico. La reimpostazione delle sanzioni ha inevitabilmente gettato il Paese in uno stato di angoscia.
Il 4 novembre entreranno in vigore il resto delle misure previste, che riguarderanno il settore bancario e quello petrolifero.
La strategia di Donald Trump
Il presidente americano punta a esercitare la massima pressione per ottenere il massimo risultato al tavolo dei negoziati: questa è la strategia che Donald Trump ha adottato in politica estera - finora con dubbi risultati - alimentando scenari bellicosi. Lo ha fatto con la Corea del Nord (convinto che le sanzioni e l’isolamento economico abbiano spinto Kim Jong-un a sedersi al tavolo delle trattative), con la Cina (i dazi), con la Russia, con l’Ue (come spiega bene Il Foglio). E adesso con l’Iran.
Da Bruxelles a Pechino, cresce la disapprovazione della comunità internazionale. “La Cina non si arrende alla strategia delle minacce americane”, ha scritto il Quotidiano del Popolo in un articolo insolitamente aggressivo.
Trump colpisce l’Iran con una tagliola di sanzioni mentre apre ai negoziati con Rohani, che è pronto a incontrare “in qualunque momento”. Il presidente americano vuole raggiungere un nuovo accordo “più ampio” che impedisca al regime di realizzare un’arma nucleare e porti alla cessazione di qualsiasi attività pericolosa condotta da Teheran.
Le reazioni internazionali
Da Bruxelles a Pechino, sono forti le prese di distanza dalle sanzioni. La Germania continuerà a offrire garanzie di esportazione e di investimento per le società che fanno affari con l'Iran.
L'Unione europea "deplora profondamente" la decisione degli Stati Uniti, annunciando l'imminente entrata in vigore della legislazione per proteggere le imprese europee che hanno investito nel Paese. La Cina si è rifiutata di ridurre le proprie importazioni di petrolio iraniano. Secondo Bloomberg, che cita due funzionari vicini ai colloqui sino-americani sulla questione, si tratta di un duro colpo agli sforzi del presidente Donald Trump di isolare la Repubblica islamica.
I funzionari della Casa Bianca sottolineano che l’obiettivo è di sensibilizzare aziende, istituti finanziari e banche per boicottare il regime. Ad esempio, la Bundesbank ha introdotto negli scorsi giorni nuove regole che potrebbero impedire all'Iran di ottenere centinaia di milioni di dollari detenuti nel Paese europeo.
Proprio all’Europa si rivolge Benjamin Netanyahu, sollecitandola ad allinearsi con Washington. Ma per il capo della diplomazia di Teheran Javad Zarif, il premier israeliano, il principe ereditario dell'Arabia Saudita, Mohamed Bin Salman, e Trump sono "isolati" nella loro opposizione all'Iran.