L'Iran del presidente riformista Hassan Rohani cerca di utilizzare tutta la sua capacità diplomatica per rimediare alle "sanzioni più dure della storia" dell'amministrazione Trump, imposte contro Teheran e contro chi vorrà commerciare con gli iraniani. O Rohani riuscirà a rimediare alle sanzioni con il dialogo e l'interscambio con l'Europa ed il resto del mondo, o dovrà cedere il suo posto ad un conservatore che probabilmente porterà l'Iran su posizioni meno moderate.
Il fallimento del dialogo col mondo: la fine di Rohani
Nei giorni scorsi le autorità iraniane hanno fatto intendere che potrebbero uscire dall'accordo nucleare, riprendere l'arricchimento dell'uranio, e spingersi in azioni apocalittiche come la chiusura dello Stretto di Hormuz per preservare i propri interessi. Il fatto che l'Iran possa cambiare la sua politica del dialogo e passare alle maniere forti, non sono una minaccia di Rohani, o un bluff, ma probabilmente ciò che farebbe colui che verrebbe dopo l'attuale presidente, se il leader riformista non riuscirà ad aggiustare le cose con il suo cavallo di battaglia: il dialogo col resto del mondo.
Sul fronte interno, il presidente si trova in difficoltà, il Parlamento ha inoltrato più volte richieste di impeachment per i suoi ministri ed anche tra la gente, l'indice di gradimento della sua amministrazione è sceso drasticamente. Alcuni casi di corruzione, la cattiva gestione delle risorse idriche, la svalutazione del rial ed il ritorno dell'inflazione a due cifre, hanno reso quasi impopolare il presidente; il fallimento dell'accordo nucleare col mondo è la goccia che farebbe sicuramente traboccare il vaso. Per evitare la sua fine politica e probabilmente per dare una chance alla pace, in queste settimane Rohani ha mobilitato al massimo la sua diplomazia.
Il messaggio a Putin e la speranza nella Cina
Giovedi mattina Ali Akbar Velayati, consigliere per gli affari internazionali della guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Khamenei, ha raggiunto la residenza del presidente russo Putin per consegnargli "il messaggio di Rohani e dell'ayatollah Khamenei", spiega l'agenzia IRNA, senza rivelare nulla sul contenuto della lettera. Indubbiamente Teheran spera in un supporto di Pechino e Mosca come alleati strategici. Il ministro degli esteri Zarif, tra l'altro, ha iniziato qualche settimana fa le sue consultazioni proprio dalle due capitali.
Per quanto riguarda la Cina, principale partner economico dell'Iran, con oltre 37 miliardi di dollari di interscambio, Teheran spera che la guerra commerciale scatenata da Trump, avvicini ancor di più alla Persia il gigante asiatico.
Le missioni di Rohani e Zarif in Europa.
Il JCPOA, il piano di azione globale congiunto, o l'accordo nucleare tra l'Iran e la comunità internazionale, che gode pure dell'appoggio della risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza, è stato definito "un cattivo accordo" dall'amministrazione Trump che l'8 maggio scorso si è ritirato da esso, dando il via alla reintroduzione delle sanzioni contro l'Iran, particolarmente forti per via del loro aspetto extraterritoriale, che colpiscono cioè non solo le aziende statunitensi, ma quelle di qualsiasi nazione che decida di fare affari con i persiani.
L'Iran ha reagito organizzando finora due giri di consultazioni (a Teheran e a Vienna) con le cinque nazioni rimaste nell'accordo, ovvero Cina, Russia, Inghilterra, Francia e Germania, ribadendo che per salvare l'intesa, le nazioni rimaste devono "rimediare" al ritiro Usa, garantendo benefici economici all'Iran. La pressione è stata esercitata soprattutto sul terzetto di potenze europee, diretti alleati del presidente Trump.
Lo stesso presidente Hassan Rohani, ha visitato Svizzera ed Austria, con l'obbiettivo, in primo luogo, di ribadire la volontà dell'Iran di andare avanti sulla via del dialogo. Rohani ha fatto capire che Teheran vuole che l'accordo continui a funzionare, e che l'Iran possa commerciare in cambio delle limitazioni al suo programma nucleare. Rohani spera soprattutto di tenere vivo l'interscambio con l'Ue, ma il futuro e' avvolto dall'incertezza per via dell'incombenza delle sanzioni americane.
Le lettere che ricordano la vita di Maometto
Per quanto riguarda i partner minori dell'Iran, nei quattro angoli della Terra, Rohani ha deciso di scrivere delle lettere, che vengono portate da suoi inviati speciali. Negli ultimi giorni, messaggi non pubblicati del presidente Rohani sono stati consegnati dagli ambasciatori iraniani o da suoi inviati ai presidenti ed ai capi di Stato di Malesia, Indonesia, Olanda, Armenia, Georgia, Venezuela, Cuba, Bolivia, Uganda, Tunisia, Brasile e Cile.
L'agenzia IRNA che annuncia giovedì la notizia non fa riferimenti, ma indubbiamente scrivere le lettere agli altri capi di Stato ricorda quello che nella storia islamica fece Maometto, quando scrisse delle lettere all'imperatore di Roma ed allo Scià di Persia, a quel tempo, per invitarli all'Islam. Probabilmente in queste lettere, Rohani invita i partner a non lasciarsi intimidire dalle sanzioni americane e a proseguire l'interscambio con il suo paese.
Un passaggio storico
Se l'Iran intende conservare lo status di potenza regionale e magari ambire ad essere attore internazionale, sembra costretto a passare per questa prova, molto dura. I riformisti, rappresentati da Rohani, sperano di poter scampare alle sanzioni con il dialogo e maggiore dinamismo diplomatico; sperano di poter convincere il mondo a mantenere gli scambi con l'Iran che sono di fatto un riconoscimento al ruolo di Teheran. La ricetta dei conservatori è invece quella di riprendere l'attività nucleare e di passare alla flessione dei muscoli, sperando che Trump faccia marcia indietro.
L'alternativa alle due soluzioni, sarebbe cedere alle richieste Usa, (rinuncia al programma di difesa missilistica ed alla presenza nella regione), e negoziare un nuovo patto, che ridurrebbe probabilmente l'Iran ad una realtà succube al volere americano nello scacchiere mediorientale. Una prospettiva che al momento, in Iran, non piace ne ai riformisti, ne ai conservatori.