All'indomani dell'attentato contro una parata militare ad Ahvaz, nel sud-ovest dell'Iran, che ha causato almeno 29 morti, il presidente iraniano, Hassan Rohani, è tornato a puntare il dito contro Arabia Saudita e Washington, accusandoli di sostenere gli autori dell'attacco. Il ministero degli Esteri di Teheran ha anche convocato un diplomatico degli Emirati arabi per protestare contro le affermazioni di un esponente emiratino secondo il quale non si è trattato di un atto di terrorismo, perché ha colpito un obiettivo militare.
"Conosciamo gli autori e gli istigatori"
L'Iran, ha sottolineato Rohani prima di partire alla volta di New York per partecipare all'Assemblea Generale dell'Onu, ha "molto chiara" l'identità degli attentatori e dei loro "affiliati": "Conosciamo gli autori e gli istigatori, e senza dubbio non lasceremo che questo bagno di sangue resti senza risposta".
L'Isis ha rivendicato l'attentato avvenuto nel capoluogo del Khuzestan, provincia petrolifera al confine con l'Iraq con una forte comunità araba sunnita, ma le autorità di Teheran prediligono la pista del separatismo arabo del gruppo Al-Ahvaz. Quest'ultimo, ha ricordato il presidente iraniano, durante la guerra tra Iran e Iraq negli anni '80, che viene commemorata in questi giorni con parate militari in tutta la Repubblica islamica, appoggiò il regime di Saddam Hussein, per poi cambiare "padrone e un Paese del Golfo Persico si è fatto carico di armarlo, finanziarlo e sostenerlo politicamente", ha sostenuto Rohani, facendo riferimento all'Arabia Saudita.
Ma la bagarre diplomatica è più vasta
Ma non c'è solo Riad nel mirino di Teheran: Questi "piccoli Paesi mercenari della regione" sono sostenuti dagli Usa, ha continuato il leader iraniano, accusando Washington di istigarli: "Gli americani - ha assicurato - non raggiungeranno mai i loro obiettivi in Iran e il governo è pronto a contrastare qualsiasi azione degli Stati Uniti. Il nostro popolo ha resistito a crimini molto più grandi", ha concluso.
Teheran si è scagliata anche contro Olanda, Danimarca e Gran Bretagna, di cui sabato sono stati convocati i rappresentanti diplomatici: i primi due Paesi sono stati criticati per la presenza di membri del gruppo separatista sul loro territorio, mentre per il Regno Unito le autorità iraniane hanno ritenuto "inaccettabile" che un portavoce del gruppo Al-Ahvaz abbia rivendicato l'attentato attraverso un'emittente tv con base a Londra.
Anche l'incaricato d'affari emiratino è stato convocato al ministero degli Esteri iraniano per ricevere le proteste di Teheran contro le parole di Abduljaleq Abdulah, professore ed editorialista emiratino, considerato consigliere del governo, secondo il quale "un attacco contro un obiettivo militare non è un atto terroristico": "il trasferimento della lotta all'interno dell'Iran è un'opzione annunciata e in futuro aumenterà", ha sostenuto. Il portavoce del ministero, Bahram Qasemi ha ricordato che "un chiaro sostegno ad atti terroristici da parte di persone che partecipano al governo emiratino è responsabilita'" di Abu Dhabi.
Intanto, il capo di Stato maggiore delle forze armate iraniane, Mohamad Hosein Baqeri, ha assicurato che l'Iran perseguira' "in qualunque parte del mondo" gli autori dell'attentato che ha colpito duramente le Guardie della rivoluzione. Il generale è tornato a ribadire che gli autori dell'attacco "godono del sostegno finanziario di alcuni Paesi regionali", che devono "cambiare il loro comportamento ostile nei confronti dell'Iran e scusarsi"; in caso contrario le forze armate iraniane "si riservano il diritto di dare una risposta schiacciante in qualsiasi momento e luogo". Anche la guida suprema dell'Iran, Ali Khamenei, ha puntato il dito contro gli storici nemici di Teheran, sottolineando che la strage di Ahvaz è "una continuazione delle cospirazioni dei regimi appoggiati dagli Stati Uniti nella regione", come Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo.