La Russia si è ormai adattata alle condizioni di mercato imposte dalle sanzioni, incoraggiando i partner stranieri a produrre 'in loco' attraverso joint-venture miste, invece che semplicemente esportare, e ne sta traendo vantaggio.
Le imprese italiane, però, sembrano nutrire ancora troppi dubbi sui nuovi modelli di business richiesti dalla Federazione e ne stanno approfittando diversi competitor, anche inaspettati, come gli Stati Uniti, che nonostante le tensioni politiche, risultano il maggior investitore diretto in Russia.
A tracciare in un'intervista all'Agi lo stato delle relazioni economico-commerciali tra la Federazione e l'Italia, alla vigilia della visita a Roma del presidente Vladimir Putin è Igor Karavaev, rappresentante commerciale della Russia nel nostro Paese. A suo dire, "l'Italia è un partner prioritario" per la Federazione, con cui spera anche di lavorare insieme in “Paesi terzi”, per esempio in Africa e Medio Oriente, ma il potenziale dei rapporti bilaterali rimane ancora inespresso.
"Stiamo gradualmente tornando alla crescita dei volumi dell'interscambio e nell'ultimo anno abbiamo raggiunto i 24 miliardi di dollari", fa notare Karavaev. "Il dato è lontano dai valori del 2013, ma questo significa che c'è potenziale per la crescita". L'Italia è ancora al quinto posto tra i partner commerciali ed economici di Mosca e al terzo tra quelli europei. "Sono fiducioso", ha sottolineato, "che il passaggio dal dollaro alle valute nazionali nell'interscambio con i Paesi europei, in discussione nel gruppo di lavoro speciale Russia-Ue, servirà come ulteriore motore per la crescita del nostro commercio".
I settori in cui continua a svilupparsi la cooperazione sono "l'energia, la costruzione di macchinari e l'agricoltura. Il dialogo con l'Italia, a tutti i livelli d'interazione - assicura Karavaev - si sta attivamente sviluppando: di recente, è stato raggiunto un accordo sulla prima partecipazione di una delegazione italiana al Forum economico orientale (Vladivostok, 4-6 settembre), indice dell'interesse dei partner italiani alla collaborazione in tutti i settori".
"Più di 700 aziende italiane operano in Russia e non lasceranno il nostro mercato", prosegue, ricordando che "tra i più grandi ci sono Enel, Pirelli, Iveco e Nidek. Abbiamo sviluppato il passaggio dal 'Made by Italy' al 'Made with Italy' e con successo ma ora dobbiamo andare oltre, sviluppando l'inclusione delle nostre joint-venture nelle catene globali".
A capo della rappresentanza commerciale dal 2014, quando sono state introdotte le sanzioni economiche contro Mosca, Karavaev si dice convinto che "la loro inefficacia è ormai chiara a tutti gli attori all'economia mondiale". La politica di misure restrittive, come da tempo sostiene il Cremlino, ha costretto la Russia ad attuare nuovi modelli di sviluppo, mentre "ha danneggiato le imprese europee, in particolare quelle italiane, che hanno subito perdite significative dalle contro-sanzioni russe.
Secondo le stime di Mosca, ricorda il capo della rappresentanza commerciale, "l'Unione europea, dal 2014 a oggi, ha perso 240 miliardi di dollari contro i 50 miliardi della Russia. Paesi come Francia, Germania e Stati Uniti hanno rapidamente adattato la loro attività, spostando la produzione in loco per preservare nicchie di mercato".
Gli italiani non fanno eccezione: "In Russia, l'Italia ha localizzato la produzione di pompe idrauliche, serbatoi di carburante, materiali di rivestimento e prodotti a base di carne, ma non è abbastanza". "È perà sorprendente - fa notare Karavaev - che una grande quantità d'imprenditori italiani abbia ancora dubbi sul trasferimento delle loro produzioni".
Le conseguenze di questa titubanza sono già evidenti: "Mentre i vostri imprenditori tentennano, americani, tedeschi e francesi agiscono". A confermarlo sono i numeri: "Gli Stati Uniti sono il leader nella quantità di progetti d'investimento in Russia, 33 su 211, secondo gli ultimi dati della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (Unctad) sugli investimenti diretti esteri, in Russia i maggiori investitori sono: Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Francia. L'Italia non è nemmeno tra i primi 10".
Anche i volumi degli investimenti russi nella nostra economia languono. Karavaev è, però, fiducioso che il lancio, da parte del governo di Roma, di uno strumento "efficace" come le Zone economiche speciali, "permetterà agli investitori di guardare al mercato italiano in modo nuovo".
Si auspica una rivitalizzazione anche della piattaforma d'investimento, creata nel 2013 dal Russian Direct Investment Fund e dal Fondo strategico italiano - che successivamente ha aderito al gruppo Cassa depositi e prestiti - con un investimento complessivo di 1 miliardo di euro (500.000 euro per parte). "I fondi sono stati indirizzati a società e progetti che rafforzano il commercio estero e aumentano il volume degli investimenti diretti esteri tra i nostri due Paesi ma sfortunatamente, il lavoro congiunto su queste due istituzioni finanziarie e' stato sospeso. Sono però sicuro che una tale piattaforma per l'interazione degli investitori sia promettente per lo sviluppo della nostra interazione".
La necessità più urgente, quindi, appare quella di ampliare i campi della cooperazione. Mosca non ha nessuna intenzione di rimanere indietro, in quella che sarà la nuova rivoluzione industriale: "Intelligenza artificiale, robotizzazione, BigData, chi ora non lavora in questo settore, tra 10 anni sarà in ritardo". L'Italia ha le stesse sfide: "Sarebbe utile estendere la cooperazione a questi nuovi settori, su base reciprocamente vantaggiosa".