La Russia avrà la sua rete Internet 'personale': presentata come “un’infrastruttura indipendente che garantisca il buon funzionamento del segmento russo di Internet in caso di pericoli alla sicurezza, all’integrità e alla sostenibilità di Internet e alle reti di telecomunicazione”. Secondo i critici avrà invece ripercussioni sulla libertà del web di Mosca.
Il testo della legge “Programma nazionale di economia digitale”, già approvato tra il 16 e il 22 aprile dal Parlamento russo, è stato firmato l’1 maggio dal presidente Vladimir Putin e pubblicato sul sito del governo. Secondo il Financial Times, entrerà in vigore tra sei mesi, l’1 novembre.
Una rete sovrana
Il governo si occuperà di gestire le minacce al funzionamento di Internet in Russia centralizzando la rete di comunicazione, scrive Forbes. Verrà cioè messo in piedi un domain name system (Dns) alternativo a quello che normalmente utilizziamo per navigare. In caso di disconnessione forzata dal web (oppure, fa notare la rivista statunitense, se i politici dovessero ritenere utile un blackout, per esempio per ragioni di censura) i provider di Internet dovranno disconnettersi dai server stranieri e far affidamento solo sul Dns russo. Di fatto tagliando i ponti con l’estero.
Le nuove norme affidano grandi poteri all’organo russo preposto al controllo delle telecomunicazioni Roskomnadzor (Rkn, in italiano Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e della comunicazione di massa). Sarà proprio l’Rkn ad assicurare il controllo centralizzato del traffico sulla rete nei casi di necessità. Situazioni cioè di pericolo stabilite direttamente dal governo.
Le proteste di piazza di chi teme per la libertà
Secondo quanto riportato dai media di Stato, le società tecnologiche russe avrebbero accolto con favore le novità introdotte dalla legge; Forbes sottolinea però la difficoltà di ascoltare opinioni contrarie, in un panorama dei media dove le ingerenze governative si fanno spesso sentire.
Di certo c’è che nelle scorse settimane ci sono state manifestazioni di dissenso sulla legge: il 10 marzo scorso, ricorda Foreign Affairs, migliaia di persone spaventate per il destino della libertà del web si sono radunate a Mosca per protestare. Hanno mostrato cartelli come “Save the Internet, save Russia”, “L’isolamento è morte” e “No alla schiavitù digitale”.
Il governo ha cercato di placare le proteste rassicurando sugli effetti della legge: il portavoce, Dmitry Peskov, aveva commentato così: “Uno dei manifestanti sostiene che il Cremlino voglia premere un pulsante e spegnere Internet - le sue parole - È assolutamente falso. Perché non sono preoccupati che lo faccia qualcuno dall’altra parte dell’oceano Atlantico?”. Un chiaro riferimento agli Stati Uniti e alle accuse di ingerenza nella campagna elettorale del 2016 rivolte a Mosca.
Che cosa cambierà?
La tensione sul destino di Internet in Russia tiene banco da tempo. Negli scorsi mesi Vladimir Putin aveva messo in guardia spiegando che Washington è in grado di oscurare la rete in Russia. Non è ancora accaduto, ha detto, perché farlo significherebbe interrompere le loro attività di spionaggio: gli 007 statunitensi, secondo il Cremlino, “ascoltano, guardano e leggono tutto ciò che si dice, stanno raccogliendo informazioni che riguardano la nostra sicurezza”. Frasi riportate dal Guardian secondo cui, però, la nuova legge avvicinerebbe la Russia al meccanismo di protezione del web e di censura esistente in Cina (link).
Da un punto di vista tecnico, i dettagli su come funzionerà e su che cosa cambierà in Russia per il traffico via Internet non è del tutto chiaro: l'obiettivo, lo spiegavamo a metà febbraio, è garantire che i dati scambiati tra organizzazioni e cittadini russi rimangano dentro il Paese, invece che di essere mandati all'estero. Per farlo, oltre al Dns locale, verrebbero coinvolti anche i provider del servizio Internet a cui il Roskomnadzor “fornirà speciali sistemi di sorveglianza gratuitamente”, scrive Meduza Project, un sito online di informazione sulla Russia ma basato a Riga (Lettonia).
Sul sito si legge che “i mezzi tecnici ideati dai legislatori potrebbero essere in grado di bloccare qualsiasi risorsa Internet proibita in Russia”: una lunga lista di contenuti sgraditi a Mosca, che comprende le presunte fake news (ma potrebbero essere catalogate in questo modo anche notizie vere e scomode); nel mirino dell’Internet sovranista potrebbero finire anche Telegram, il servizio di messaggistica istantanea fondato dal russo Pavel Durov, e i servizi VPN, le reti private usate per navigare in maniera privata camuffando l’indirizzo IP utilizzato. Secondo il Washington Post, infine, potrebbe risentirne anche la qualità della connessione dei singoli utenti.