Quattro giorni dopo i terremoti e lo tsunami che hanno devastato la regione di Sulawesi in Indonesia, i soccorritori sono ancora all'opera per cercare superstiti sotto le macerie, mentre i volontari hanno cominciato a scavare una fossa comune per le vittime e l'Onu ha lanciato l'allarme per i 191 mila che hanno bisogno di aiuto immediato.
Per le autorità almeno 844 persone sono morte nella tragedia ma secondo l'organizzazione di volontariato indonesiana Aksi Cepat Tanggap (Act), il bilancio non ufficiale è di 1.203 vittime, la maggior parte provenienti dalle città di Palu e Donggala. Si teme che il numero possa salire ulteriormente: a quattro giorni dallo tsunami ci sono ancora aree isolate che non è stato possibile raggiungere. A Poyoba volontari stanno scavando una fossa comune di 100 metri con l'indicazione di aspettarsi di dovercene seppellire 1.300. La preoccupazione delle autorità è evitare il sorgere di epidemie a causa dei corpi in decomposizione: sono stati dichiarati 14 giorni di stato d'emergenza. Dal ministero della Giustizia hanno fatto sapere che circa 1.200 detenuti sono fuggiti da tre diverse prigioni nella regione di Sulawesi dopo il maremoto.
L'ufficio dell'Onu per il coordinamento degli affari umanitari ha lanciato l'allarme, sottolineando che tra i bisognosi ci sono anche 46 mila bambini e 14 mila anziani, molti al di fuori delle aree urbane dove sono concentrati attualmente i soccorsi. Il governo indonesiano ha lanciato un appello per ottenere aiuti internazionali: il presidente Joko Widodo "ci ha autorizzato ad accettare l'aiuto d'emergenza internazionale per rispondere al disastro", ha dichiarato Tom Lembong, Presidente dell'Indian Investment Coordinating Board (Bkpm), mentre decine di agenzie umanitarie e organizzazioni non governative si sono dette pronte a fornire assistenza di fronte alla catastrofe cui deve far fronte il governo di Giacarta.
La Cooperazione italiana ha disposto un finanziamento di emergenza di 200.000 euro a sostegno dell'azione della Croce Rossa in Indonesia. I fondi serviranno in particolare a fornire alloggi, beni di prima necessità e servizi sanitari essenziali alla popolazione, non solo nelle aree urbane dove già si stanno concentrando gli sforzi, ma anche nelle aree remote di più difficile accesso.