Gli emendamenti proposti alla legge sull'estradizione sono l'ultimo capitolo di tensione tra Hong Kong e la Cina, e la causa della maggiore manifestazione anti-Pechino degli ultimi cinque anni, dopo le proteste pro-democratiche di Occupy Central del 2014. L'attuale legge non prevede l'estradizione in Cina, a Macao e Taiwan da Hong Kong, che ha trattati di estradizione con venti Paesi al mondo.
In base agli emendamenti proposti, sarà possibile un approccio caso per caso per i Paesi con cui non è in vigore un accordo per l'estradizione, tra cui appunto la Cina, con l'ultima parola spettante al tribunale di Hong Kong che deve giudicare sul caso in questione. L'amministrazione della Regione speciale cinese ha cercato di dare rassicurazioni riguardo agli emendamenti alla legge, spiegando che esistono clausole di salvaguardia, e che non è prevista l'estradizione per motivi religiosi o politici, e ha difeso gli emendamenti alla legge attuale come una garanzia contro le scappatoie legislative: il caso che si è imposto all'attenzione, in questo senso, riguarda un giovane di 19 anni, Chan Tong-Kai, accusato lo scorso anno di avere ucciso la fidanzata incinta a Taipei, e tornato a Hong Kong pochi giorni dopo la morte della giovane.
I manifestanti, però, temono un'erosione dello stato di diritto nell'ex colonia britannica, e la possibilità che la Cina possa perseguire gli oppositori politici a Hong Kong: qualora gli emendamenti venissero approvati, in molti temono che Hong Kong non avrebbe la forza di opporsi alle richieste provenienti da Pechino. Ancora più duri i difensori dei diritti umani, che si oppongono agli emendamenti accusando la Cina di detenzioni arbitrarie, tortura e di utilizzare la pratica delle confessioni forzate.
"Se perdiamo questa battaglia, non saremo più Hong Kong"
Lo scontro ha assunto proporzioni sempre più vaste con il passare delle settimane. Il modo in cui viene vista dai manifestanti la battaglia sulla proposta di legge per l'estradizione è stato spiegato al Guardian da un ex-parlamentare e autorevole esponente pro-democratico di Hong Kong, Martin Lee. Questa è "l'ultima battaglia per Hong Kong", ha detto. "Se la perdiamo, Hong Kong non è piu' Hong Kong, è solo un'altra città cinese".
I casi di forte risentimento verso la Cina non sono mancati in tempi recenti: ad aprile scorso sono stati condannati i leader delle proteste pro-democratiche di fine 2014 di Occupy Central, le più grandi mai tenutesi su territorio cinese dalle proteste di piazza Tienanmen del 1989. Tra il 2016 e il 2017, sono stati squalificati alcuni parlamentari neo-eletti all'Assemblea Legislativa, per le frasi di protesta anti-Cina pronunciate durante il giuramento. Nei giorni scorsi, infine, la veglia per i trenta anni dalla repressione delle proteste di piazza Tienanmen aveva raggiunto numeri record, con oltre 180 mila presenze, secondo le cifre degli organizzatori.
Il rapporto tra la Cina e Hong Kong è governato dal 1997 dalla formula "un Paese, due sistemi", dove il sistema legale viene visto internazionalmente come il punto di forza di Hong Kong, ma in molti, soprattutto dopo i 79 giorni di occupazione del centro politico e finanziario dell'isola, temono un rafforzamento dell'influenza di Pechino sulla Regione amministrativa speciale.