Guo Wengui, il miliardario che ha gettato accuse pesantissime contro alcuni dei più noti nomi della politica di Pechino, ora è ricercato dalla Cina anche per stupro. Secondo due funzionari di Pechino al corrente delle indagini che hanno chiesto di rimanere anonimi citati dall’Associated Press, la polizia cinese è in procinto di chiedere un mandato di arresto all’Interpol, il secondo quest’anno, sulla base di accuse di stupro nei confronti di una sue ex assistente di ventotto anni. Guo Wengui, alias Miles Kwok, che vive a New York, è già indagato, oggi, per 19 reati in Cina, che vanno dalla corruzione di un funzionario dello spionaggio di Pechino, alla frode fino al riciclaggio. A giugno scorso, erano finiti sotto processo anche tre suoi ex top manager, a Dalian, nel nord-est della Cina, che si sono dichiarati colpevoli di frode e che, all’udienza, hanno accusato il loro capo di averli costretti a firmare documenti falsi. Il processo venne in gran parte ripreso alle telecamere, e spezzoni delle deposizioni sono state trasmesse sui social media: una mossa alquanto inusuale per un tribunale cinese, che lascia pensare a un trattamento speciale per il ricercato numero uno di Pechino, grande accusatore di alcuni tra i più potenti uomini della cerchia ristretta del potere, il Comitato Permanente del Politburo, tra cui il potentissimo capo della Commissione Disciplinare, Wang Qishan.
Una caso diplomatico
Gli Stati uniti non hanno un trattato di estradizione con la Cina, ma a Pechino sperano che, con il crescere del numero di accuse nei suoi confronti, le autorità Usa decidano di non rinnovare a Guo il visto, previsto in scadenza il mese prossimo. La situazione del miliardario cinese sarebbe stata oggetto di conversazioni tra funzionari di Washington e di Pechino, con questi ultimi che hanno spinto per la cancellazione del visto di Guo, secondo un’altra fonte citata dall’agenzia statunitense. Quale decisione intendano prendere a riguardo le autorità americane ancora non è chiaro, ma il caso Guo Wengui rientrerebbe ormai tra i nodi da sciogliere nelle relazioni bilaterali, soprattutto con l’avvicinarsi di un momento delicato per la politica di Pechino: il prossimo Congresso del partito, che tra poche settimane sancirà il rinnovo di gran parte della classe dirigente a livello nazionale, e in vista del quale, Pechino vuole evitare possibili interferenze da oltreoceano.
Cosa chiede Pechino a Whashington
Guo potrebbe quindi diventare una moneta di scambio tra Cina e Stati Uniti, un’ipotesi che decisamente non piace al miliardario cinese che ha fatto fortuna con il settore immobiliare. Tendenzialmente, gli Stati Uniti sono contrari alla consegna di ricercati cinesi alle autorità di Pechino, soprattutto per le informazioni che possono ricevere da loro sui retroscena e i segreti della politica cinese, ha spiegato il politologo di Hong Kong Willy Wo-lap Lam all’agenzia Usa, ma in questo caso l’amministrazione di Donald Trump potrebbe decidere in maniera diversa, soprattutto se in cambio ci fossero concessioni da parte della Cina su temi che vanno dal commercio alla Corea del Nord. Il caso di Guo, oggi il più in vista, non sarebbe, però, l’unico di questo genere. Le autorità cinesi vogliono dagli Stati Uniti anche un altro uomo, Ling Wancheng, il fratello di una delle vittime di più alto profilo della campagna anti-corruzione condotta da Wang Qishan: Ling Jihua, ex consigliere personale di Hu Jintao, presidente della Cina fino al 2013, condannato lo scorso anno all’ergastolo per corruzione, abuso di potere, e per essere entrato illegalmente in possesso di segreti di Stato.
Il piano di Guo per evitare l'estradizione
L’ipotesi di una consegna di Guo alle autorità di Pechino non è così peregrina: negli ultimi tre mesi altri due ricercati che vivevano negli Stati Uniti sono stati riconsegnati alla Cina, e uno di questi era sospettato di stupro. Guo, addirittura, sarebbe convinto che esista già un patto tra Trump e la Cina e che il suo destino sia segnato: per scongiurare l’ipotesi di uno sbarco non voluto all’aeroporto di Pechino, si sarebbe addirittura rivolto all’ex segretario alla Sicurezza degli Stati Uniti, Jeh Johnson, secondo quanto conferma una registrazione audio di una loro conversazione sentita dall’Associated Press. Johnson lo avrebbe rassicurato spiegandogli che la situazione non è compromessa. Si tratterebbe di una violazione dei suoi diritti più o meno implicitamente avallata dalla Casa Bianca, senza contare il fatto che Guo è un membro del resort di Mar-a-Lago, in Florida, di proprietà dello stesso presidente Usa. Johnson si sarebbe offerto di aiutarlo in qualità di “unico membro dell’amministrazione Obama che ha incontrato Donald Trump”. Quello che Guo dovrebbe fare, invece, per escludere la possibilità di un’estradizione, sarebbe incontrare gli agenti dell’Fbi e, magari, elargire una generosa donazione a un’associazione per i diritti umani.