Sono passati dieci anni dall'annuncio della profonda crisi della Grecia. Era l'autunno del 2009 quando l'allora premier socialista, George Papandreou, appena arrivato al potere, scopre le carte e rivela le menzogne di chi l'ha preceduto: i conti del bilancio del Paese erano stati gonfiati per potersi aggiudicare un posto nell'Eurozona. Sono due i numeri eclatanti che davano l'idea di quanto fosse profondo il tracollo: deficit al 12,7% e debito pubblico di 300 miliardi di euro.
L'Eurozona che cominciava già a fare i conti con una pressante crisi finanziaria che arrivava da Oltreoceano trema: tanti economisti mettono sul tavolo l'ipotesi dell'uscita della Grecia dall'euro per non trascinare tutti a fondo. Le privatizzazioni miliardarie annunciate dal governo fanno strada ai tagli indiscriminati che non risparmiano nessuno ma si accaniscono soprattutto sulla classi sociali più deboli: pensionati e giovani.
Mentre il deficit del 2009 viene rivisto al rialzo al 15%, la agenzie internazionali di rating tagliano i giudizi sulla Grecia fino a sfiorare i titolo spazzatura. Qualche mese dopo, nel 2010, il debito pubblico continua la sua impennata e tocca quota 350 miliardi.
Dal maggio 2010 viene attivato il primo dei tre piani di salvataggio della Grecia: vengono adottate misure di austerità pari a 65 miliardi di euro a fronte di prestiti elargiti da Ue, Bce e Fmi (la cosiddetta Troika) per un totale di 289 miliardi di euro in tre tranche nel 2010, nel 2012 e nel 2015. Oltre a una nuova pesante tassa sugli immobili, al taglio delle pensioni, vengono messi in mobilità ben 30 mila dipendenti statali. Nel 2012 il default viene evitato solo grazie a un accordo con i creditori privati.
Dopo diversi anni di recessione, solo nel terzo trimestre del 2014 il Pil greco torna a crescere dello 0,7% sul Pil. Quando viene eletto, nel 2015, Alexis Tsipras, la Grecia è ancora a un passo dalla bancarotta, e al 41enne laureato in ingegneria tocca trovare la quadra tra l'esigenza di rimettere in piedi stremato dal punto di vista sociale e le richieste dei creditori internazionali.
Il che significa necessariamente altri tagli, nuove tasse da accollare alla classe media, articolate però in modo tale da salvare le fasce più deboli. Non a caso Tsipras parlerà di "fine dell'odissea", quando l'agosto dell'anno scorso può annunciare l'uscita della Grecia dagli scudi di salvataggio europei e l'addio alla Troika.
Così l'economia greca è ripartita, ma la ripresa è faticosa, tanto che il premier uscente aveva dovuto varare ulteriori tagli alle pensioni e alle agevolazioni fiscali per il 2019 e il 2020. La Grecia ha riacquistato una certa credibilità, ma le famiglie greche continuano a sentire gli effetti di un'austerità pesante e impopolare. Anche per questo l'opposizione di centrodestra si è potuta prendere la sua rivincita.