Corsa contro il tempo per il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che entro domani sera a mezzanotte deve trovare un accordo per formare il governo o rimettere il mandato esplorativo al presidente Reuven Rivlin.
Di fronte alla ferma opposizione di Avigdor Lieberman, leader del partito ultra-nazionalista russofono, che non vuole cedere con i partiti religiosi (Shas, United Torah Judaism e l'Unione dei Partiti di Destra) sulla leva militare obbligatoria per i giovani ultra-ortodossi, l'alternativa per il leader del Likud resta il ritorno alle urne, che incombono sul Paese, un mese e mezzo dopo l'ultima tornata elettorale: disciolta la Knesset costituitasi il 30 aprile, si tornerebbe al voto entro tre mesi, un'eventualità mai accaduta finora.
Nonostante gli appelli a riconsiderare la posizione e unirsi alla squadra di governo, Lieberman non cede né alle minacce né alle lusinghe e non ha voluto incontrare per tutto il giorno il leader del Likud. Di più, lo ha attaccato per aver definito i partiti ultra-ortodossi "incredibilmente flessibili" sulla legge sulla leva militare obbligatoria, nodo sul quale si sono arenati i negoziati. È "una truffa, non flessibilità", ha commentato, condannando i tentativi del premier di raggiungere un accordo dell'ultimo minuto in maniera disonesta.
Rivlin ha fatto sapere che lascerà il tempo dovuto a Netanyahu e non interferirà se deciderà di andare a nuove elezioni, esprimendo però la speranza che questo non succeda. "Fino a domani sera a mezzanotte, Netanyahu ha il mandato di formare un governo. Il presidente gli permetterà di usare tutto il tempo rimasto, nella speranza che non dovremo tenere altre elezioni", si legge nella nota della presidenza.
Ieri, smentendo i pronostici, il leader del Likud aveva stupito tutti affermando che Israele non tornerà alle urne per un nuovo voto "inutile" che "costerà miliardi e paralizzerà il Paese per altri mesi". Cercando di mettere sotto pressione Lieberman, aveva ricordato di avere ancora a disposizione 48 ore per trovare un accordo e assicurato che avrebbe "fatto di tutto per formare un governo di destra guidato da me". Un accento sulla leadership voluto: voci parlavano di un'offerta del partito Blu e Bianco di Benny Gantz per un governo di unità nazionale con il Likud a patto che estromettessero Netanyahu.
E proprio questo è uno degli scenari che il premier sta cercando di evitare: senza un accordo di governo, il rischio è il ritorno alle urne o addirittura che il presidente Reuven Rivlin dia l'incarico di formare un esecutivo a qualcun altro.
Da qui, la sua ultima mossa in vista domani della nuova votazione sullo scioglimento della Knesset, già approvata ieri in prima lettura: con la fusione nel Likud del partito centrista Kulanu, guidato dal ministro delle Finanze Moshe Kahlon, il sostegno dei deputati centristi alla mozione è assicurato. Per Netanyahu, se non ci sarà un'intesa, meglio il ritorno alle urne che essere scalzato e restare 'scoperto' ad affrontare le sue beghe giudiziarie.