Lo scorso 20 settembre, mentre il presidente egiziano al Sisi ribadiva al premier Gentiloni “il massimo impegno nella ricerca della verità e la consegna dei responsabili alla giustizia”, in un altro incontro tra i rappresentanti dei paesi arabi, il portavoce dell’Egitto chiudeva la porta a qualsiasi richiesta di fare chiarezza sull’omicidio di Giulio Regeni.
Cosa ha detto l'Egitto all'Italia
Durante l’incontro di mercoledì con il premier Gentiloni, il presidente egiziano al Sisi ha ribadito "Il massimo impegno nella ricerca della verità e la consegna dei responsabili alla giustizia", secondo quanto ha riportato la televisione al Arabiya. Quasi nelle stesse ore, però, gli egiziani hanno discusso il caso Regeni con i Paesi della regione, e secondo fonti molto autorevoli nell’area del Golfo Persico l’atteggiamento è stato esattamente opposto.
Cosa hanno chiesto gli alleati nella regione
I Paesi del Medio Oriente chiedono che l’Egitto sbrogli la situazione diplomatica con l’Italia, in modo da poter affrontare tutti i dossier che rimangono sul tavolo in attesa di una distensione dei rapporti. Nell’interesse degli Stati arabi rimangono centrali la stabilità della Libia e la questione dei migranti, oltre alla Siria e alla lotta al terrorismo.
Cosa ha risposto Il Cairo
Ma secondo una fonte della Stampa, quando a quel tavolo è stato chiesto di fare chiarezza sulla vicenda, il portavoce egiziano ha risposto che la colpa è di Regeni, che il Cairo non ha fatto nulla di male, e che gli italiani stanno esagerando la questione.
I possibili perché di questo atteggiamento
Le possibili spiegazioni sono diverse.
- Al Sisi non ha ordinato direttamente l’esecuzione di Regeni, ma aveva chiesto di dare un esempio agli stranieri che si immischiavano nelle vicende interne egiziane.
- Il ministro dell'Interno egiziano ha una forte capacità di influenzare, se non ricattare, lo stesso presidente. Quindi se anche Al Sisi decidesse di chiudere la vicenda facendo chiarezza, verrebbe bloccato
Come ricostruisce la Stampa, i rappresentanti del Cairo si comportarono in modo analogo con l’ex segretario di Stato Kerry, il quale si sentì rispondere dal ministro degli Esteri egiziano Shoukry che Regeni era morto a causa di un gioco sessuale finito male, nonostante gli Stati Uniti avessero prove della responsabilità del regime.
Il fastidio degli alleati
A poco valgono dunque le raccomandazioni di al Sisi. Tanta è la determinazione che mercoledì 20 le forze di sicurezza egiziane hanno fatto irruzione negli uffici delle ‘Commissione Egiziana per i Diritti e le Libertà’ (Ecrf), studio legale che assiste dal Cairo la famiglia di Regeni, per impedirne l’operato. E proprio ieri le autorità egiziane hanno disposto il prolungamento di altri quindici giorni della custodia cautelare nei confronti di Ibrahim Metwaly, consulente della famiglia Regeni e membro dell’Ecrf, arrestato e fatto sparire all’aeroporto del Cairo mentre prendeva un aereo per andare a Ginevra a relazionare sullo stato dei diritti umani nel suo Paese.
Per i Paesi arabi il caso dell’omicidio di Giulio Regeni sta diventando un fastidio che si è trascinato per troppo tempo, ed è opinione sempre più diffusa negli ambienti che, se l’Egitto facesse finalmente chiarezza sulle responsabilità nell’omicidio di Regeni, si potrebbero portare avanti le questioni in sospeso.