Non è #MeToo ma ci assomiglia: un nuovo hashtag, da qualche giorno piuttosto popolare su Twitter, sta mettendo in imbarazzo - e nei guai - una trentina tra giornalisti e comunicatori francesi. Si tratta di #ligueduLOL, dal nome di un gruppo su Facebook aperto dieci anni fa su cui gli iscritti si scambiavano messaggi di scherno e fotomontaggi pornografici che vedevano coinvolte colleghe, blogger e femministe.
Quelli che secondo gli accusati erano “scherzi”, oggi per le vittime assumono i contorni di molestie virtuali. Il caso, scrive Le Monde, ha già fatto le prime vittime: due giornalisti di Libération, Alexandre Hervaud e Vincent Glad, sono stati sospesi in via precauzionale dal giornale; provvedimenti simili sono toccati ad altri tre colleghi: David Doucet di Les Inrockuptibles, Stephen des Aulnois della rivista Tag Parfait e Guilhem Malissen del sito di podcast Nouvelles écoutes.
Come è scoppiato il caso
Il polverone si è sollevato venerdì 8 febbraio quando un articolo pubblicato proprio su Libé da Check News, il servizio di fact-cheking che risponde alle domande dei lettori, ha confermato l’esistenza di “La Ligue du Lol”: “È il nome di un gruppo privato su Facebook – si legge – creato da Vincent Glad” e particolarmente attivo tra 2009 e 2012.
Già da qualche giorno su Twitter se ne stava parlando: Thomas Messias di Slate aveva lanciato il sasso: “Bello vedere un giornalista che si erge a modello dopo essersi divertito assieme a un gruppo di persone che molestavano le femministe – le sue parole, chiaramente ironiche - Davvero bello”. Nessun nome esplicito, ma il messaggio era arrivato in fretta a destinazione: “Il paradosso dei militanti con troppo zelo: vogliono cambiare la società ma non accettano che una persona possa cambiare davvero”, la replica di Alexandre Hervaud, a cui la polemica era indirizzata. Da quel momento in poi, su Twitter, una dozzina di donne ha raccontato ciò che ha subito.
“Ci hanno rovinato la vita”
Secondo uno dei membri, Henry Michel, “La Ligue du Lol” riuniva i personaggi francesi più popolari su Twitter in quegli anni, cioè giovani giornalisti, pubblicitari ed esperti di comunicazione: “Era divertente e sciocco, ci scambiavamo link, immagini e prendevamo in giro le persone”. In che modo? Con “insulti, fotomontaggi, gif animate con materiale pornografico” ritoccato inserendo i volti delle vittime sui corpi nudi, ma anche “mail di insulti”, ha spiegato la giornalista Nora Bouazzouni, una delle donne finite nel mirino.
A volte quelle offese “mettevano in discussione le nostre capacità professionali”, in altre circostanze i messaggi assumevano i contorni del razzismo o discriminavano per via dell’aspetto fisico. “Da giovane ero suscettibile – la testimonianza a Libé di una delle vittime – ho temuto che, visto che loro si comportavano così, la situazione fosse la stessa in tutte le grandi redazioni in cui sognavo di lavorare”. Per alcuni anni il gruppo ha continuato a scrivere e condividere (anche via Twitter) messaggi di questo tipo: “Ci hanno rovinato la vita”, ha ammesso una delle donne.
“Siamo come i produttori cinematografici, comportamento da m..de”
Gli accusati sono usciti allo scoperto, alcuni ritrattando in maniera parziale e altri cospargendosi il capo di cenere. Vincent Glad, ad esempio, ha chiesto scusa “a chi si è sentito molestato”, spiegando però di non potersi fare carico di “tutte le schifezze che a quei tempi si potevano fare su internet”.
je m'en excuse auprès de tout ceux qui ont pu se sentir harcelé (ce que j'ai dit au journaliste et qu'il n'a pas repris dans mes propos), mais je ne peux pas assumer moi-même toutes les conneries qu'ont pu faire des gens à l'époque sur Internet
— Vincent Glad (@vincentglad) 8 febbraio 2019
Ben diversa la posizione del direttore creativo Baptiste Fluzin, affidata a un post su LinkedIn in cui denuncia il gruppo di cui ha fatto parte: “Eravamo una merda che non aveva nemmeno la stupidità come scusa. Merda cinica. Merda ben consapevole di avere buone possibilità di farla franca. E ora abbiamo imparato a parlare un linguaggio educato, a scusarci condizionatamente, come i peggiori politici, i produttori cinematografici, i migliori atleti”.