Quattro cittadini francesi sono stati condannati a morte da un tribunale iracheno perché accusati di aver fatto parte del sedicente Stato islamico. Kevin Gonot, Leonard Lopez, Salim Machou e Mustapha Merzoughi sono i primi foreign fighter a rischiare l'esecuzione capitale. Furono catturati in Siria da una forza di ribelli sostenuti dagli Stati Uniti e vennero trasferiti in Iraq per il processo. Ora, dopo la condanna di primo grado, hanno trenta giorni per fare ricorso.
Gonot, che ha combattuto per l'Isis prima di essere catturato in Siria con la madre, la moglie e il fratellastro, venne condannato in contumacia anche da un tribunale francese a nove anni di prigione. Machou era un membro della famigerata brigata Tariq ibn Ziyad, secondo l'intelligence statunitense "una cellula terroristica straniera europea" che ha compiuto attacchi in Iraq e in Siria e ne aveva pianificato altri a Parigi e Bruxelles.
Lopez, partito da Parigi, ha viaggiato con sua moglie e due figli per Mosul, nel nord dell'Iraq, prima di entrare in Siria. Il suo avvocato, Nabil Boudi, ha definito il processo una "giustizia sommaria". Il governo francese ci aveva "garantito che tutti i cittadini francesi avrebbero avuto diritto a un processo equo, anche in Iraq", ha spiegato. Ma Lopez - secondo il legale - è stato condannato a morte "basandosi esclusivamente su una serie di interrogatori nelle prigioni di Baghdad".
"Non sono colpevole di crimini e omicidi, sono colpevole di essere andato li'" in Siria, ha dichiarato Merzoughi, 37 anni, davanti al giudice, parlando in arabo con accento tunisino prima di chiedere un interprete. "Chiedo perdono al popolo iracheno, siriano, alla Francia e alle famiglie delle vittime", ha aggiunto. Merzoughi, secondo quanto dichiarato nella sua confessione, ha vissuto a Tolosa, nel sud ovest, e ha prestato servizio nell'esercito francese dal 2000 al 2010, trascorrendo un periodo "in Afghanistan nel 2009".
Passato dal Belgio e poi dal Marocco, il cittadino francese di origine tunisina ha seguito "formazioni religiose e militari ad Aleppo", nel nord della Siria. L'udienza di un altro francese, Fodhil Tahar Aouidate, è stata rinviata invece al 2 giugno. Rischia anche lui la pena capitale.
L'Iraq ha preso in custodia migliaia di jihadisti rimpatriati negli ultimi mesi dalla vicina Siria, dove erano stati catturati dalle forze democratiche siriane sostenute dagli Stati Uniti durante la battaglia contro il "califfato" dell'Isis. La magistratura irachena ha reso noto all'inizio di maggio di aver processato e condannato piu' di 500 presunti foreign fighter dall'inizio del 2018. Molti sono stati condannati all'ergastolo, tra loro almeno tre francesi, ma finora nessuno era stato condannato a morte.
I gruppi per i diritti umani criticano i processi perché basati spesso su prove circostanziali o su confessioni ottenute con la tortura. Il Paese rimane tra le prime cinque nazioni "boia" del mondo, secondo un rapporto di Amnesty International pubblicato in aprile. Il numero delle condanne a morte emesse dai tribunali iracheni è più che quadruplicato tra il 2017 e il 2018, arrivando ad almeno 271. Ma solo 52 sono stati effettivamente eseguite nel 2018, sempre secondo Amnesty, rispetto ai 125 dell'anno precedente.