Una vittoria sul filo del rasoio. I socialdemocratici primi, ma solo per un soffio, con l'ultradestra euroscettica ad un'incollatura minimale, i conservatori e i centristi grandi sconfitti. La Finlandia si avvia ad un rivolgimento profondo dei suoi equilibri politici.
Il centrosinistra - usciti vincitori alle urne con appena lo 0,2% di distanza dai populisti nazionalisti dei Veri Finlandesi, alleati in Europa con la Lega di Matteo Salvini - si avvia a governare il Paese per la prima volta da 16 anni, dovendo però fare i conti con un partito ultrapopulista che rappresenta, con le sue posizioni antimigranti e nazionaliste, un'ipoteca non indifferente per chi andrà a governare quello che un recente sondaggio ha incoronato come "il Paese piu' felice del mondo".
Hanno perso i conservatori e i centristi, che si trovano a doversi accontentare di essere terza e quarta forza politica del Paese. Al 99,3% delle schede scrutinate, l'Sdp dell'ex sindacalista Antti Rinne mette a segno il 17,7% dei voti contro il 17,5% dei populisti, conquistando con 40 seggi sui 200 presenti nel Parlamento svedese, appena uno in più dell'ultradestra.
I centristi del primo ministro Juha Sipila sono, come dicono loro stessi, "i grandi perdenti" di questo voto parlamentare, bloccandosi poco sopra il 15% dei voti, il 5,5% in meno rispetto alle elezioni del 2015. Buona affermazione per i Verdi, che superano il 10% dei consensi, mentre l'Alleanza di sinistra arriva all'8,4%. A distanza il Partito popolare svedese e i cristiano-democratici, con risultati inferiori al 5% dei voti. In tarda serata, con il 98% dello scrutinio effettuato, e' stato il leader dei socialdemocratici Antti Rinne a rivendicare ufficialmente la vittoria ottenuta sul filo del rasoio. "Per la prima volta dal 1999, i socialdemocratici sono il partito del primo ministro", ha detto Rinne ai militanti accorsi al quartier generale del suo partito.
La campagna elettorale non è stata delle più semplici, caratterizzata dall'insoddisfazione per l'austerity degli ultimi anni portata avanti dal governo di centrodestra, che aveva promesso di portare il Paese a forza di tagli ad una nuova crescita economica: ma i risparmi nel sistema dell'istruzione della Finlandia, uno dei suoi fuori all'occhiello, e la stretta sui sussidi alla disoccupazione hanno portato ad una forte resistenza nell'opinione pubblica.
Su tutto questo si sono poi imposti i temi dei Veri Finlandesi, che hanno martellato sull'equazione tra immigrazione e sicurezza, tra l'altro. A questo punto, il 56enne ex leader sindacale Rinne dovrebbe ottenere l'incarico di formare il nuovo governo, e sarebbe la prima volta da 16 anni che i socialdemocratici saranno presenti in una coalizione. Da parte sua, persino il capo dell'ultradestra si è mostrato sorpreso per il risultato: "Non me lo sarei aspettato, nessuno se lo sarebbe aspettato", ha detto Jussi Halla-aho alle telecamere.
L'ascesa dei Veri Finlandesi era iniziata a sorpresa con le elezioni del 2011, quando erano arrivati ad essere la terza forza politica nel Paese, ma ha poi perso slancio quando il partito ha accettato di entrare al governo a fianco del centrodestra, dovendo fare concessioni e mediazioni che evidentemente non sempre sono state ben viste dalla propria base elettorale. Tanto che, una volta eletto capo del partito Halla-aho nel 2017, la spinta a destra è stata netta, con Sipila che ha finito per vedersi costretto a rinunciare allo scomodo alleato, rimpastando l'esecutivo.
Scosse che sono durate fino al mese scorso, quando il governo si è visto costretto a rassegnare le dimissioni, perché la maggioranza non era riuscita ad accordarsi su un importante pacchetto di riforme in ambito sociale e sanitario. A raccogliere la sfida oggi sono i socialdemocratici dell'Sdp, con una spina al fianco ultrapopulista che "pesa" 39 seggi in Parlamento. In Italia esulta Matteo Salvini, guardando al voto europeo di fine maggio: "Finalmente si cambia l'Europa".