"Mark è rimasto un bravo ragazzo, ma temo che il suo concentrarsi sulla crescita lo abbia portato a sacrificare sicurezza e civiltà in cambio di un click. Sono deluso da me stesso, per non aver capito che Facebook poteva cambiare la nostra cultura, influenzare le elezioni e rafforzare i leader nazionalisti". E' l'ammissione del co-fondatore di Facebook, Chris Hughes, che in un lungo articolo scritto per il New York Times, prende le distanze dal suo amico, Mark Zuckenberg, con il quale ha condiviso la fondazione del social più famoso al mondo, e invita i legislatori a fermarlo perché "sta concentrando troppo potere in una persona sola", ha il "controllo della comunicazione", un "potere senza precedenti per monitorare, organizzare e persino censurare le conversazioni di due miliardi di persone", qualcosa di "non americano".
I’m calling for breaking up @Facebook in an essay in the @nytimes. FB has become too big and too powerful, and it’s part of a trend in our economy of an increasing concentration of corporate power. We can fix this: break the company up and regulate it. https://t.co/34rITPfvJ9
— Chris Hughes (@chrishughes) 9 maggio 2019
Hughes chiede di togliere a Zuckerberg Instagram e Whatsapp, di scorporare Facebook e vietargli altre acquisizioni. "Non lavoro più con lui da una decina d'anni - spiega Hughes - ma mi sento ugualmente responsabile per ciò che sta succedendo". Dopo aver ricordato gli inizi, quando i due amici, nel dormitorio universitario, portarono avanti la loro idea di creare un social che mettesse le persone in contatto su una tribuna comune, Hughes descrive come si è trasformato Facebook: "Mark controlla il 60 per cento delle quote, decide tutto, quali algoritmi, quali dati privati possono essere usati. Può silenziare un competitore, bloccandolo, acquistandolo o copiandolo".
Hughes riporta gli esempi: come Zuckerberg ha bloccato Vine, che trasmetteva video della durata di sei secondi che poi sparivano. E come ha copiato Snapchat. Lo definisce uno "zar della privacy", capace di "rubare decine di milioni di password, che migliaia di impiegati di Facebook hanno potuto vedere".
Il governo americano, spiega, deve fare di più: la multa da 5 miliardi "non basta". Hughes si riferisce alla sanzione che Facebook dovrebbe pagare per lo scandalo Cambridge Analytica, la società di consulenza politica britannica, che aveva Steve Bannon come vicepresidente, e che durante le presidenziali americane 2016 e il referendum sulla Brexit ha potuto accedere alle informazioni personali di 87 milioni di utenti della piattaforma social.
"I legislatori considerano Mark come troppo grande e un po' matto per gestire tutto" continua Hughes "ed è proprio quello che lui voleva, perché così poco cambierà". "E' tempo di rompere con Facebook", scrive il co-fondatore perché l'America ha gli "strumenti" in un Paese "costruito sull'idea che il potere non debba concentrarsi nelle mani di una sola persona".
La reazione di Facebook non si è fatta attendere. “Facebook accetta che con il successo arrivi la responsabilità" ha detto Nick Clegg, Vicepresidente di Facebook per gli Affari Globali e la Comunicazione, "Tuttavia, la responsabilità non va imposta chiedendo lo smembramento di un’azienda americana di successo. La responsabilità delle aziende tecnologiche può essere raggiunta attraverso la scrupolosa introduzione di nuove regole per Internet. Questo è esattamente ciò che Mark Zuckerberg ha chiesto. Infatti, questa settimana sta incontrando vari leader di governo per portare avanti questo progetto”.