È riuscito a limitare i danni il partito del presidente francese, Emmanuel Macron, La Rèpublique en marche, capofila della lista Renaissance: all'indomani di una concitata notte elettorale può tirare un sospiro di sollievo per la vittoria di misura dell'avversaria Marine Le Pen, con un margine di soli 200 mila voti, pari allo 0,90%.
Nelle ore successive alla chiusura dei seggi si era profilata una sconfitta più netta per Macron e i suoi, con uno scarto di più punti percentuali rispetto al partito di estrema destra del Rassemblement National (RN), guidato dal capolista 23enne Jordan Bardella, che da subito aveva parlato di una "lezione di umiltà" per il presidente.
I dati definitivi non condannano senza appello il partito presidenziale in questo primo test elettorale dall'arrivo al potere nel maggio 2017, dopo mesi di crisi causate dalle manifestazioni violente dei dei gilet galli, scandali e dimissioni a catena.
Per rimettersi subito in carreggiata, il primo ministro Edouard Philippe e l'entourage di Macron si sono impegnati ad "intensificare l'atto 2 del mandato", accelerando su alcune riforme, in particolare quella fiscale, ma ascoltando i messaggi dei francesi arrivati dalle urne, con una richiesta di interventi in materia di crescita economica, occupazione, giustizia sociale e soluzioni all'emergenza climatica.
Dal punto di vista della Le Pen poco importano le percentuali, così come il fatto che il Rassemblement National abbia ottenuto un risultato inferiore a quello delle europee del 2014. Per la leader di estrema destra queste elezioni erano una ripetizione del secondo turno delle presidenziali e subito dopo la diffusione degli exit poll ha chiesto di sciogliere l'Assemblea Nazionale e ditornare alle urne.
In Francia i risultati sono stati interpretati come un momento di passaggio cruciale della riconfigurazione del panorama politico nazionale, con il tramonto ormai definitivo delle forze che hanno governato negli ultimi 50 anni - da una parte la destra tradizionale di Les Rèpublicains e dall'altra i socialisti - e la conferma di nuovi equilibri, già delineati alle presidenziali del 2017.
Oltre allo schema classico del bipartitismo della V Repubblica francese, che ora mette in contrapposizione diretta il partito della Le Pen e quello di Macron, irrompe una terza forza che nelle prossime elezioni potrebbe diventare un ago della bilancia: gli ambientalisti Europe Ecologie Les Verts (EELV), guidati da Yannick Jadot, terza forza politica con il 13,5% dei consensi.
La nuova mappa elettorale dell'Hexagone pubblicata dai principali media è emblematica degli equilibri politici regionali - tra progressisti e nazionalisti - molto complessi e contrastanti, con i quali le forze politiche dovranno fare i conti già da marzo 2020, alle elezioni municipali, seguite a settembre dalle senatoriali, dalle dipartimentali e regionali nel 2021 prima delle presidenziali e legislative del 2022.
Emerge poi l'eccezione parigina, dove la lista Renaissance ha ottenuto il 33%, quella dei Verdi il 20% mentre le banlieue hanno resistito alla tentazione dell'estrema destra e la destra tradizionale ha perso tutti i suoi feudi elettorali.
Per alcuni esperti ed analisti è già cominciata una "partita a scacchi" fino al prossimo appuntamento con le urne, tra un anno, in vista della quale se vuole resistere Macron "dovrebbe continuare ad ampliare la sua maggioranza, per radunare attorno a sé le forze progressiste, sia a destra che a sinistra".
Del resto è stata la strategia già attuata alle europee, con En Marche alleatosi con MoDem (Democratici Moderati), Agir e il Movimento radicale. Alla luce del crollo di Les Rèpublicains (LR) c'è chi già scommette su alleanze a destra in tempi anche brevi, a cominciare dall'Unione dei Democratici e degli Indipendenti (UDI), dopo la mancata intesa alle europee.