Milano ci spera, ma la via che potrebbe 'riportare' in Italia l'agenzia europea del farmaco assegnata ad Amsterdam causa Brexit, rimane strettissima. Malgrado il pressing politico-mediatico di parte italiana, nodi tecnici e procedurali, ma soprattutto politici, fanno ritenere alla gran parte delle fonti di Bruxelles, che le possibilità che l'Ema possa essere 'strappata' all'Olanda e riassegnata all'Italia siano davvero pochissime. Giovedì prossimo, una delegazione del Parlamento europeo accompagnata dalle autorità olandesi, sarà in missione nella città olandese per verificare in che condizioni si trovano le diverse sedi che dovranno ospitare l'agenzia: la delegazione visiterà la sede provvisoria dello Spark building, e quella definitiva, ancora praticamente una cantiere, del Vivaldi building.
Il passaggio parlamentare successivo, in attesa che si pronunci la giustizia dopo i ricorsi presentati dal governo e dal Comune di Milano, sarà quello del 12 marzo, quando la Commissione Ambiente e salute dell'Europarlamento dovrà votare gli emendamenti al testo del regolamento proposto dalla Commissione che trasferisce da Londra ad Amsterdam la sede dell'Ema. Pochi giorni dopo il provvedimento arriverà in aula. In entrambi i casi gli europarlamentari italiani promettono battaglia.
L'inattesa riapertura del dossier
La vicenda Ema, che sembrava chiusa il 20 novembre, giorno in cui Milano perde al sorteggio la sfida con Amsterdam, si è inaspettatamente riaperta alla fine di gennaio, quando il direttore generale dell'agenzia, l'italiano Guido Rasi, interviene in una conferenza stampa assieme alle autorità olandesi e dice che il trasferimento dell'Ema da Londra all'Olanda sta creando qualche problema logistico e organizzativo ai vertici e ai dipendenti dell'Agenzia. Rasi ricorda che l'edificio definitivo in cui il personale dell'Ema si trasferirà non sarà pronto per la data ufficiale di Brexit, ovvero il 30 marzo del 2019, "quindi dovremo prima trasferirci in locali temporanei nella città e poi nell'edificio finale. Questo doppio trasferimento ci costringerà a investire più risorse e ci vorrà più tempo per tornare alle nostre normali operazioni", dice. Rasi aggiunge che "gli edifici inizialmente proposti non erano pienamente adatti allo scopo e che, pertanto, i nostri partner olandesi hanno dovuto trovare un'altra opzione" che per il momento "non è ottimale".
Le parole di Rasi sono un balsamo per la politica impegnata in campagna elettorale. Dall'Italia si scatena la corsa a rivendicare la 'restituzione' dell'Ema a Milano, che può contare sulla disponibilità immediata del Pirellone per ospitare l'agenzia. Palazzo Chigi e il comune di Milano si muovono in una manovra a tenaglia e nel giro di poche ore vengono presentati due ricorsi: il capoluogo lombardo si appella al tribunale di prima istanza, il governo alla Corte di giustizia di Lussemburgo. Nei ricorsi si contesta alla Commissione di avere accolto i documenti presentati da Amsterdam anche se quei documenti contenevano degli omissis. Inoltre vengono contestate le procedure del voto del 20 novembre. La replica della Commissione, che naturalmente non entra nel merito del ricorso, è che le procedure del voto erano state decise da tutti i partecipanti prima della gara, Italia compresa. Quanto alle omissioni, anche i documenti di Milano, come quello di altre città candidate, contenevano parti secretate.
In piena campagna elettorale, Bruxelles tace
Che l'esecutivo comunitario consideri la levata di scudi italiana come un tema di campagna elettorale è chiaro fin da subito: i portavoce della Commissione invitano i cronisti a rivolgersi 'dall'altra parte della strada', ovvero alla sede del Consiglio, a margine del quale è stato preso l'accordo politico su Ema. Lo dice chiaro e tondo qualche giorno dopo il commissario alla Salute Vytenis Andriukaitis, rispondendo alle domande insistenti dei giornalisti italiani: "La Commissione non entra in materie che appartengono al dibattito elettorale", dice. Insomma, è la tesi di Bruxelles, l'accordo sulle agenzie è stato preso dai governi, nel metodo e nel merito. Dunque se la partita deve essere riaperta, sono le cancellerie a doverlo fare.
E infatti, in attesa di un pronunciamento degli organi di giustizia (i tempi sono lunghi, passeranno mesi e si andrà probabilmente oltre il Brexit-day di fine marzo 2019) la partita si gioca tutta nell'agone politico. Il Parlamento europeo per voce autorevole del suo presidente, Antonio Tajani, rivendica il suo ruolo di co-legislatore: "l'aula non può fare da passacarte di decisioni prese altrove", dice l'esponente di FI, "faremo sentire la nostre voce". Alcuni fanno notare che un voto contrario del Parlamento aprirebbe un conflitto istituzionale non da poco con il Consiglio, dove la decisione politica è stata presa, anche con il consenso pieno dell'Italia.
Se salta Amsterdam, è tutto da rifare
Ma soprattutto, se anche si dovesse impedire l'assegnazione della sede ad Amsterdam riuscendo a far passare il principio che la sede olandese non assicura la "continuità operativa dell'Ema", non è affatto automatico che l'agenzia vada a Milano. ma si dovrebbe riaprire di nuovo tutta la partita, procedurale e politica. Si tratterebbe infatti di far convergere una nuova maggioranza su posizioni 'filo-italiane' a scapito dell'Olanda, il che non è affatto scontato. La 'bocciatura' di Amsterdam farebbe di nuovo scendere in campo le altre città sconfitte, come ad esempio Barcellona, che aveva ottimi requisiti, ma che a novembre era stata penalizzata dalla questione catalana.
Gli olandesi da parte loro, mostrano un olimpico understatement. L'Olanda è "orgogliosa di ospitare l'Ema - ripetono fonti diplomatiche citando il ministro della Sanità, Bruno Bruins - Stiamo facendo del nostro meglio per garantire un rapido spostamento dell'agenzia ad Amsterdam. In stretta collaborazione con EMA, garantiremo la continuità operativa dell'agenzia".
Complice anche il clima elettorale, comunque, il fronte italiano resta compatto e nelle ultime ore si è mosso anche il mondo imprenditoriale lombardo, lanciando un appello al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché l'Italia "faccia sistema per fare di tutto per la contestata assegnazione di Ema". Giovedì, dopo la missione degli europarlamentari ad Amsterdam, la vicenda Ema tornerà in sonno per qualche settimana, fino alla metà di marzo, quando si dovrà pronunciare l'Europarlamento. Ma a quel punto gli italiani avranno già votato. E forse agitare la bandiera dell'Ema non servirà più.