È passato più di un anno dal referendum che ha sancito l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea ma, più che essere a un punto morto, la trattativa per il divorzio non è mai davvero partita. "Nessun accordo è meglio di un cattivo accordo", sostiene la premier Theresa May. Questo lo scopriranno gli inglesi sulla loro pelle. Fatto sta che la possibilità che - dopo l'ultimatum del capo negoziatore europeo Michel Barnier - il negoziato sulla Brexit si concluda con un nulla di fatto è sempre più concreta, soprattutto per le enormi divergenze sul conto che Albione dovrà pagare. E bisogna essere pronti.
Il monito è giunto dallo stesso Barnier, che - in un'intervista al Journal du Dimanche - ha avvertito che "ciascuno di noi si deve preparare, gli Stati come le aziende, noi stessi ci prepariamo tecnicamente". Senza accordo, ha spiegato, il Regno Unito cadrebbe a partire dal 29 marzo 2019, data del divorzio, "nel regime normativo di base previsto dall'Organizzazione mondiale del commercio, con relazioni paragonabili a quelle che abbiamo ad esempio con la Cina". Ma quali potrebbero essere le conseguenze concrete di un collasso del tavolo?
Londra può alzarsi senza pagare?
Gli impegni finanziari - oggetto dell'ultimatum di Bruxelles - sono il cuore del negoziato. Senza un'intesa su questo punto, non si potrà proseguire. "Molti europei la vedono come una questione di fede", sottolinea il Guardian, "se non ci si può fidare dei britannici per il rispetto delle promesse passate, perché preoccuparsi di siglare accordi per il futuro"?. Se Londra si alzasse senza pagare, la palla passerebbe alla giustizia internazionale. Le inadempienze di Londra potrebbero essere trattate come un vero e proprio default e la Ue potrebbe chiedere la confisca di alcune attività. Esiste addirittura un rapporto della Camera dei Lord, secondo cui la Gran Bretagna, in un simile scenario, non avrebbe alcun obbligo legale nei confronti degli ex partner. Ciò aprirebbe un buco colossale nei conti europei e danneggerebbe le future relazioni diplomatiche con Londra per un periodo incalcolabile.
Rischio caos per i trasporti
Il Cancelliere dello Scacchiere, Philip Hammond, non ha lasciato spazio a illusioni e ha spiegato che potrebbero saltare pure protocolli banalissimi come quelli relativi al traffico aeroportuale, paventando il rischio che gli aerei britannici non possano più atterrare negli aeroporti dell'Ue. Potrebbero finire nel caos anche l'approdo di mezzi marittimi e il transito su strada, con il ritorno dei blocchi doganali. Il Regno Unito smetterebbe infatti di far parte di decine di agenzie e accordi transnazionali che regolano questa e innumerevoli altre materie, a cominciare dalle licenze sulla distribuzione dei farmaci, altro caso nel quale sarebbe tutto da rifare. Per quanto riguarda il destino dei cittadini europei che vivono nel Regno Unito, Theresa May ha sempre assicurato che i loro diritti verranno rispettati. Ma, di fatto, non c'è ancora nulla, nemmeno un memorandum d'intesa. Non è quindi impossibile che, in futuro, gli inglesi debbano chiedere un visto per recarsi in vacanza a Roma o a Parigi.
Il nodo della Wto
Gli ottimisti sostengono che, senza alcuna intesa, i rapporti commerciali tra Londra e Bruxelles verrebbero regolati dalle norme della World Trade Organization, le stesse sulle quali si basano le nostre transazioni con Cina o Stati Uniti. Il problema è che per alcuni prodotti, come gli alimenti e le auto, i dazi schizzerebbero alle stelle, e la competitività del settore agroalimentare albionico, senza più i ricchi sussidi europei, colerebbe a picco. Le conseguenze occupazionali per il Regno Unito sarebbero pesantissime. Non solo, Londra dovrebbe riscrivere da zero gli accordi commerciali con altri Paesi, in particolare quelli sui dazi. Partendo però da una posizione di maggiore debolezza.