La vita in campagna potrebbe avere un impatto maggiore sull'emergenza climatica rispetto a quella in città. Lo rivela la BBC con uno studio del Centre for Cities, gruppo leader che analizza il miglioramento delle prestazioni economiche delle città britanniche. Le 63 città più grandi del Regno Unito producono quasi la metà di tutte le emissioni di anidride carbonica (CO2) del paese. Il contributo della sola Londra costituisce l'11% del totale. Ma se guardiamo alle emissioni per abitante, le cose cambiano.
In base a quali criteri si può affermare che la vita in campagna, per singolo abitante, comporta un'emissione maggiore di CO2 (espressa in tonnellate) rispetto alla vita in città? Esaminare le principali fonti di emissione può aiutarci a capire perché le città, rispetto alle aree extra-urbane, producono meno CO2. Ad essere analizzati qui sono tre "sorgenti": le case, le industrie e il sistema dei trasporti.
Benché le differenze non siano così considerevoli, è bene sottolineare che le emissioni domestiche nelle grandi città sono inferiori rispetto alle loro controparti rurali. Le abitazioni nei contesti urbani tendono ad essere più piccole, più compatte e facili da riscaldare. Disperdono, inoltre, con meno facilità il calore e dunque, durante le stagioni fredde, ne richiedono meno.
Non è un caso se 12 dei 20 distretti abitati britannici che producono meno emissioni sono quartieri londinesi. Tra questi il più virtuoso, Tower Hamlets, è anche quello che ospita (al secondo posto) le case più piccole di tutta l'Inghilterra e di tutto il Galles.
Il ruolo delle industrie e dei trasporti
Un'altra significativa differenza nelle emissioni deriva dal fatto che l'attività economica in città tende a basarsi sul settore terziario (quello dei servizi) e sul lavoro d'ufficio. Viceversa, i ben più inquinanti stabilimenti di produzione (quindi il settore secondario) sono perlopiù ubicati fuori dai confini delle aree urbane, rientrando così nelle aree che lo studio del Centre for cities considera "rurali".
Una delle maggiori differenze nelle emissioni di carbonio si registra nel sistema dei trasporti. Questa sorgente di CO2, nelle aree extra-urbane produce il 66% di emissioni in più rispetto alle città. Probabilmente questo è dovuto al fatto che, nel primo caso, gli abitanti sono spinti a mettersi alla guida di un automobile privata per raggiungere i luoghi di interessi. Inoltre è più facile, dovendo coprire maggiori distanze, che si impegnino in viaggi più lunghi (per lavoro e/o tempo libero), macinando più chilometri e quindi inquinando di più rispetto a un cittadino metropolitano che invece può servirsi del sistema dei trasporti pubblico urbano.
Se infatti solo il 20% degli abitanti delle città britanniche viaggia, quotidianamente, per più di 10 km (6,2 miglia) per raggiungere il luogo di lavoro, parallelamente più del 30% degli abitanti extra urbani si serve, per lo stesso motivo, di un mezzo privato.
Guardando alle sole emissioni di anidride carbonica, è importante sottolineare che se è vero che le emissioni prodotte da fonti industriali e domestiche sono diminuite rispettivamente del 48% e del 36 %, parallelamente la riduzione delle emissioni prodotte dai trasporti è arrivata solo dell'11 %. E questo ha conseguenze ovvie sulla qualità dell'aria.
Secondo i dati del 2017, il trasporto su strada nel Regno Unito comporta il 32% di tutto l'ossido di azoto prodotto. Di più, tra tutte le strade che violano i limiti legali per questo gas inquinante, l'88% si trova nelle città.
Le città decarbonizzano più delle campagne
Le città, oltre ad ospitare abitazioni che emettono meno CO2 rispetto a quelle collocate in campagna, si impegnano in attività di decarbonizzazione ad un ritmo più veloce rispetto alle aree rurali. Tra il 2005 e il 2017 la riduzione delle emissioni di carbonio nel primo caso ha raggiunto il 36%. Nel secondo, il 31%.
Se è vero che ridurre le emissioni di anidride carbonica è un obiettivo chiave nelle strategie in cui impegnarsi per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici, bisogna sottolineare che non si tratta dell'unico inquinante che interessa i centri abitati. Anzi, la lista dei "veleni aerei" che ci accompagna quotidianamente nelle nostre giornate, include anche:
- particolato, che può penetrare nei polmoni e nel sistema cardiovascolare causando ictus, malattie cardiache, cancro ai polmoni e infezioni respiratorie;
- ossidi d'azoto, emessi per l'80% dai mezzi di trasporto;
- ammoniaca, prodotta soprattutto da attività agricole (e dal letame);
- ozono - solitamente prodotto quando le emissioni dei veicoli si mescolano con la luce solare. Si tratta di un gas che tende a colpire maggiormente le zone rurali: questo perché nelle città viene distrutto dagli altri inquinanti presenti.
Il caso della Gran Bretagna
La Commissione europea ha calcolato che le emissioni del Regno Unito ammontano a 5,7 tonnellate pro capite. Questo classifica il Regno Unito come uno dei più bassi emettitori di carbonio pro-capite tra le principali economie internazionali. Nel 2017 la media inglese era inferiore a 5,3 tonnellate pro-capite: a confronto Stati Uniti e Cina si comportano decisamente peggio (15,7 tonnellate pro capite nel primo caso, 7,7 nel secondo).
Delle 63 città inglesi analizzate, è risultato che 53 emettono meno anidride carbonica rispetto alla media nazionale. In particolare, Ipswich è la città più verde del Regno Unito con "solo" tre tonnellate di CO2 emesse per residente. Anche Londra, nonostante le giustificate preoccupazioni per la qualità dell'aria, non si comporta (troppo) male: le emissioni pro capite di CO2 qui raggiungono 3,6 tonnellate pro capite.