Il governo americano sta cercando di ottenere i dati di tutte le persone che hanno visitato un sito anti-Trump, scatenando le proteste per quella che viene vista come una campagna anticostituzionale contro l'opposizione. Nel mirino del dipartimento di Giustizia è finita la società DreamHost la cui piattaforma ospita il sito www.disruptj20.org, usato dagli attivisti per coordinare le dimostrazioni di piazza in occasione della cerimonia di insediamento del presidente americano. Il mandato di perquisizione presentato lo scorso 17 luglio, riferisce il Guardian, mira infatti a ottenere non solo informazioni sui gestori del sito ma anche i dati di tutti coloro che lo avevano visitato - oltre 1,3 milioni di persone - insieme a date, permanenza e sistemi di accesso.
Per il legale di DreamHost è "una prevaricazione"
Il caso è stato reso pubblico lunedì scorso quando la società ha annunciato che avrebbe dato battaglia in tribunale durante la prossima udienza prevista per venerdi'. Si tratta di una prevaricazione "puramente accusatoria portata avanti da un dipartimento di Giustizia altamente politicizzato diretto da Jeff Sessions - ha commentato il legale della DreamHost, Chris Ghazarian - dovreste essere preoccupati che chiunque possa essere preso di mira semplicemente per aver visitato un sito".
Già all'indomani delle proteste del 20 gennaio il governo aveva inoltrato alla società una richiesta di informazioni sul proprietario del sito per poi tornare alla carica a luglio per ottenere dati più ampi sui visitatori. "Siamo i guardiani della porta tra il governo e decine di migliaia di persone che hanno visitato il sito, vogliamo tenerle protette", ha ribadito Ghazarian. Per Mark Rumold della Electronic Frontier Foundation, che sostiene la battaglia della DreamHost, il caso riguarda la "difesa del primo emendamento" e ha definito il tentativo della Giustizia di rintracciare le identità dei visitatori anticostituzionale.
Non è la prima volta che le autorità tentano di risalire all'identità degli oppositori di Trump. Già a marzo un'agenzia governativa aveva ordinato a Twitter di consegnare indirizzo email e numero di telefono di un utente associato a un account critico nei confronti dell'amministrazione, @ALT_USCIS. Davanti al rifiuto della società, che aveva anche presentato una denuncia in tribunale, l'agenzia aveva fatto marcia indietro.