Dopo quello dello scorso anno sull’aborto e quello che ha legalizzato i matrimoni gay, che risale al 2015, l’Irlanda prosegue lungo la strada dei referendum. Il prossimo, in programma il 24 maggio in concomitanza con l’elezione del Parlamento europeo, riguarderà il divorzio. Agli elettori verranno poste due questioni: la prima riguarda l’abolizione della norma attuale, in vigore dal 1996, che prevede che una coppia possa chiedere il divorzio soltanto dopo aver trascorso almeno quattro degli ultimi cinque anni separati. La seconda riguarda invece la validità dei divorzi ottenuti all’estero.
Che cosa cambierebbe? Due anni lontani invece di quattro
Come detto, l’attuale legge che regola il divorzio in Irlanda risale al 1996: si chiama Family Law Divorce Act e venne adottato dal Parlamento di Dublino in seguito al referendum del 24 novembre 1995 quando i cittadini si espressero a favore delle separazioni che mettono fine al matrimonio (vinse il Sì di pochissimo, 50.28% dei voti contro il 49.72% dei contrati).
“Se vincerà il Sì al referendum – ha spiegato a Rte (la televisione pubblica dell’Eire) Tara Burns, presidente della Commissione referendum irlandese – la norma che prevede quattro anni di separazione verrà rimossa dalla Costituzione. Ciò significa che l’Oireachtas (il Parlamento irlandese, ndr) potrà legiferare un nuovo lasso di tempo da far trascorrere”. Sul secondo punto, invece, cambia poco: il quesito chiede di “affermare in maniera esplicita che il Parlamento ha potere legislativo in materia di divorzi stranieri, potere che in realtà ha già”.
In ballo, insomma, rimane soprattutto il tema del periodo di tempo – ora di quattro anni – da trascorrere separati prima di poter spezzare la fede. Il ministro della Giustizia Charlie Flanagan ha già annunciato che, in caso di vittoria del Sì, il governo proporrà una legge che dimezzi questo lasso di tempo. Sulla stessa lunghezza d’onda la ministra della cultura Josepha Madigan: “Penso che il 24 maggio sarà un giorno davvero importante per le generazioni future – le sue parole riportate dall’Irish Times - Credo che sia nostro compito mostrare compassione e un po' di umanità verso chi patisce una rottura coniugale”.
I tempi per divorziare nel resto d’Europa
Secondo Eurostat l’Irlanda, nel 2015 (ultimo anno di c’è il dato), è stato il Paese con il minor numero di divorzi rapportato a mille persone: appena 0,7, l’esatta metà di quelli registrati in Italia (1,4, aumentati a 1,6 l’anno successivo). La Francia ne ha 1,9 ogni mille abitanti, la Germania 2,0, la Spagna 2,1. Gli sposi si lasciano ancora più frequentemente in Danimarca (3,0), e in generale nei Paesi nordici come Lettonia e Lituana o dell’Europa orientale.
Ma quali sono le tempistiche per divorziare nei principali Paesi europei? L’Italia è rimasto uno dei pochi posti in cui, per avviare le pratiche del divorzio, occorre prima fare la trafila della separazione: un iter per il quale, dopo l’approvazione della legge sul divorzio breve nel 2015, occorrono (nei minimi) tra 6 mesi e un anno a seconda che la separazione sia consensuale, voluta da entrambi i coniugi, o giudiziale, richiesta da uno soltanto.
Nono occorre la separazione in Francia: in caso di divorzio consensuale, infatti, bastano sei mesi per annullare gli effetti civili del matrimonio. Diverso il discorso nel caso di “divorzio per alterazione definitiva del legame coniugale per almeno due anni”, circostanza che ricorre per “cessazione della comunità di vita, sia affettiva che materiale”: in questo caso è possibile divorziare ma occorre che sia trascorso un periodo di almeno due anni dalla separazione (questa volta è necessaria) pronunciata dal giudice.
Tempi più lunghi in Germania, dove la coppia deve dimostrare di vivere separata da almeno un anno nel caso di richiesta consensuale, tre se non c’è accordo tra i coniugi. Molto più semplice lasciarsi in Spagna: la domanda può essere presentata anche da uno solo dei coniugi, a condizione che siano trascorsi tre mesi dalla celebrazione del matrimonio.