Mentre la battaglia dei dazi tra Cina e Stati Uniti arriva ai suoi massimi storici, nel Paese orientale è iniziata la corsa per la preparazione dei gadget per le elezioni politiche americane del 2020. Li Jiang, proprietario di una fabbrica cinese che produce bandiere, ha detto in una recente edizione del podcast The Indicator di aver già iniziato la preparazione di bandierine che promuovono la rielezione di Trump alla Casa Bianca.
"Facciamo anche bandiere per Trump per il 2020", ha detto Jiang. "Sembra che abbia un'altra campagna in corso nel 2020. Non è vero?". L’imprenditore cinese ha spiegato che vengono stampate nel suo stabilimento circa 10 mila bandierine al giorno, e che in passato avrebbe confezionato sia quelle a favore dell’elezione di Trump che della sua rivale Hillary Clinton.
Li Jiang, che possiede una fabbrica nella provincia dello Zhejiang, ha confermato di essere stato ingaggiato per la produzione del materiale elettorale, anche se, secondo Business Insider, non è possibile confermare che l’ordine arrivi dal comitato per la rielezione di Trump.
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Se così fosse, a far discutere sarebbe l’eventuale incoerenza con la politica sostenuta da Trump dell’”America first”: gli Stati Uniti prima di tutto. Nel 2017 Michael Glassner, direttore della società “Donald J. Trump for President, Inc” aveva dichiarato che tutti i gadget distribuiti sarebbero stati prodotti negli Stati Uniti: “[Il nostro comitato] ha orgogliosamente prodotto e confezionato tutti i nostri prodotti proprio qui in America fin dal primo giorno". Ma la strategia nazionalista di Trump non sembra preoccupare l’imprenditore cinese, che ai microfoni della Radio pubblica nazionale ha detto: “Abbiamo un grande vantaggio di prezzo rispetto ai nostri concorrenti. E i nostri clienti sono molto intelligenti: se la Cina è a buon mercato, vanno in Cina. Se l'America è a buon mercato, vanno in America".
Il 6 luglio gli Stati Uniti hanno attivato un nuovo regime di dazi contro le importazioni dalla Cina. Oltre ottocento prodotti saranno tassati all’ingresso nel Paese al 25 per cento, per un valore complessivo di 34 miliardi di euro. La misura è stata definita dal ministro del Commercio di Pechino “la più grande guerra commerciale della storia dell’economia”. Bandierine a parte.