Cuba volta pagina con Miguel Diaz-Canel, il 57enne scelto oggi come nuovo presidente che avrà il principale compito di traghettare il Paese in una transizione storica ma restando comunque in linea con il regime di Castro.
"Il mandato dato dal popolo a questa legislatura è di continuare la rivoluzione cubana in un momento storico cruciale", ha dichiarato nel suo primo discorso da presidente del Consiglio dello Stato, ricordando tuttavia che vanno proseguite le riforme economiche avviate da Raul Castro. "Vengo al lavoro, non vengo a promettere", ha sottolineato Diaz-Canel prima di riaffermare la sua "fedeltà all'eredita' del comandante Fidel Castro, ma anche all'esempio, al valore e agli insegnamenti" del fratello del lider maximo.
Inoltre, ha assicurato che "Raul Castro presiederà a decisioni di grande importanza per il presente e il futuro della nazione". Quest'ultimo, che lascia la presidenza a 86 anni dopo più di sessant'anni di potere, non rinuncerà completamente alle redini del suo successore, poiché deve mantenere le funzioni di presidente del potente Partito comunista di Cuba (Pcc) fino al 2021. Il nuovo presidente ne sarà invece il segretario.
Il volto riformista della rivoluzione
Nominato candidato unico mercoledì, Diaz-Canel è stato eletto dai deputati come previsto per un mandato rinnovabile di cinque anni, "con 603 voti su 604 possibili, o il 99,83% dei voti", ha annunciato in Assemblea il presidente della Commissione elettorale nazionale, Alina Balseiro. Numero due del regime dal 2013, Miguel Diaz-Canel si è gradualmente imposto al fianco di Raul Castro, restando comunque nell'ombra.
Convinto sostenitore dello sviluppo di Internet e della necessità di una maggior libertà di stampa nell'isola, ha saputo darsi un'immagine di modernità pur restando cauto nelle dichiarazioni. Ma è anche in grado essere intransigente nei confronti del dissenso o dei diplomatici troppo inclini a criticare il regime. Nel suo discorso da presidente, ha proposto di "usare meglio e più tecnologia" per promuovere una rivoluzione che ha giurato di "difendere fino al suo ultimo respiro".
Le sfide che attendono 'el lindo'
Il presidente uscente lo preparò ad assumere l'incarico più alto inviandolo a rappresentare il governo dell'isola all'estero mentre i media statali gli davano sempre più spazio. Incaricato di condurre una transizione storica, sarà il primo leader cubano che non ha partecipato alla presa del potere rivoluzionaria del 1959 (nacque un anno dopo) ed è chiamato a conquistarsi la propria legittimità popolare.
La sua missione sarà di mantenere l'equilibrio tra riforma e rispetto dei principi essenziali del castrismo, e dovrà immediatamente sforzarsi di continuare il rilancio di un'economia ancora di proprietà statale all'80% e ostacolata dal 1962 dall'embargo statunitense. A livello diplomatico, affronterà anche un rinnovato antagonismo con l'eterno "nemico" americano, incarnato oggi dal presidente repubblicano, Donald Trump, che impone da un anno un serio freno al riavvicinamento condotto alla fine del 2014 da Barack Obama. Per guidarlo in questo progetto, il partito unico e il Parlamento avevano precedentemente votato "linee guida" che delineano gli orientamenti politici ed economici che dovranno essere seguiti entro il 2030 e che fungeranno da tabella di marcia.
La posizione del primo vicepresidente, il numero due de facto del regime, viene assegnata a Salvador Valdes Mesa, un sindacalista di 72 anni e membro anziano del partito.