Quello di Wuhan deve essere considerato "a tutti gli effetti un ospedale". Ed è "un miracolo. Un miracolo cinese". L'architetto Stefano Boeri non ha dubbi sulla definizione da dare alla struttura costruita in 10 giorni, nella provincia di Hubei, appositamente per ospitare e curare i malati del nuovo coronavirus, oltre che per fare ricerca e analisi. "Anche perché altrimenti non potrebbe svolgere le funzioni per cui è stato costruito", aggiunge. È stata la velocità con cui è stato realizzato, i lavori sono iniziati il 24 gennaio e la struttura è stata consegnata il 2 febbraio, ad aver sollevato qualche dubbio sulla sua natura.
"Sono tempi che richiedono una grandissima organizzazione in cantiere e che richiedono anche la capacità di saper coordinare simultaneamente operazioni edili, impiantistiche e logistiche molto diverse. Questa è stata la vera complessità" sottolinea Boeri. All'opera, in alcuni momenti, hanno lavorato insieme 7 mila persone divise su tre turni. "Ma non è una cosa che stupisce. La Cina ha la capacità unica la mondo, in alcuni momenti, di far tesoro di una disponibilità individuale a far parte di uno sforzo collettivo enorme".
Non è la prima volta che accade. Anche ai tempi della Sars, l'epidemia che si manifestò nel 2002, fu realizzato un ospedale simile a Pechino. "Più piccolo però" evidenzia Boeri. "In questo caso invece le componenti non arrivavano tutte da Wuhan e c'era una questione logistica molto più complicata". Non è facile, secondo l'architetto, fare un paragone con l'Italia. "Eppure noi viviamo in un Paese in cui, in situazioni d'emergenza, sono state fatte cose straordinarie. L'Italia da questo punto di vista credo non abbia nulla da invidiare alla Cina".
"L'ospedale di Wuhan", ricorda ancora Boeri, è "un'eccezione assoluta", anche per la sua vastità. "Stiamo parlando di un ospedale attrezzato di 25 mila metri quadri. Io una cosa così non l'ho mai sentita. È unica al mondo". E a domanda diretta, l'architetto risponde come non si possa stabilire facilmente in quanto tempo una struttura del genere sarebbe potuta essere realizzata nel nostro Paese. "Non è solo un discorso di costruzione ma di provenienza dei materiali del sistema ospedaliero, di dimensione delle aree disponibili, di logistica. Insomma, difficile dirlo".
Per poi aggiungere: "Il nostro non è neanche un Paese che ha quella disponibilità di costi di forza-lavoro". Ma non per questo l'Italia ha dimostrato meno capacità. "Mi pare che quando le cose sono state fatte con velocità e attenzione, penso al caso dell'Expo di Milano, si sia dimostrato di saper fare cose eccezionali".
"Certo", aggiunge, "non comparabili con questo caso". E sul ruolo della Cina l'architetto, creatore tra i tanti progetti del Bosco Verticale di Milano, non ha dubbi. "Io vedrei il lato positivo. È una dimostrazione di potere e di forza ed è molto bello che si parli della Cina per questo fatto oltre che per il virus".
Rimane, infine, ancora un dubbio relativo alle incognite e ai problemi che un'opera realizzata così in fretta può portare con sé. Dubbi che Boeri prova a sciogliere. "La pre-fabbricazione è ormai una tecnica utilizzata" e diffusa "in campo sanitario. Non vedo problemi di sorta". E riferendosi ancora all'ospedale di Wuhan aggiunge: "Penso che sia stato fatto rispettando non solo i tempi ma anche tutte le condizioni necessarie" affinché "ci siano garanzie di tipo igienico" e affinché siano rispettati "i giusti livelli di connessione tra la parte diagnostica e la parte clinica, che rappresentano uno degli aspetti fondamentali per gli ospedali oggi".