Siamo al terzo e ultimo giorno del summit inter-coreano di Pyonyang, e mentre Moon Jae-in e Kim Jong-un visitano il Monte Paektu, al confine con la Cina, considerato luogo spirituale della nascita della nazione coreana, dagli Stati Uniti giunge l’eco delle dichiarazioni del segretario di Stato americano, Mike Pompeo: la denuclearizzazione della Corea del Nord "dev'essere completata entro gennaio 2021".
Qualcuno ha parlato di denuclearizzazione come la intendono alla Casa Bianca, cioè “totale e verificata”? Non proprio, sottolinea il sito 38North.
Il presidente Donald Trump ha definito “eccitanti” le notizie dell’intesa firmata da Corea del Sud e Corea del Nord, che hanno concordato sull’obiettivo di denuclearizzare la penisola, senza però specificare che fine faranno le bombe atomiche già costruite, e di presentare una candidatura congiunta per ospitare le Olimpiadi del 2032.
Pompeo si è dichiarato pronto ad avviare "immediatamente" i negoziati con Pyongyang e ha invitato il suo omologo nord-coreano Ri Yong Ho a incontrarlo la prossima settimana a New York.
Questa volta è stato ascoltato: Moon, appena rientrato a Seul, ha rivelato all’agenzia Yonhap che Kim auspica di ricevere Pompeo, dopo che nell’ultimo viaggio a Pyongyang non era stato nemmeno accolto dal leader supremo, e di poter incontrare "presto" Donald Trump, in un nuovo vertice dopo quello storico del 12 giugno scorso a Singapore. Un buon passo in avanti, frutto dalla finezza diplomatica di Moon.
Donald Trump ha scritto via twitter che "Kim Jong-un ha acconsentito a ispezioni nucleari, oggetto di negoziati finali, allo smantellamento in maniera permanente di un sito di 'test e lancio' alla presenza di esperti internazionali. E nel frattempo, non ci saranno razzi o test nucleari. La Corea del Nord e del Sud presenteranno un'offerta congiunta per ospitare le Olimpiadi del 2032. Molto eccitante!".
In effetti tutto lascia pensare che le due Coree stiano andando avanti da sole, e che l’America le stia inseguendo. Bene per Trump, che punta a vincere le elezioni di mid-term. Un po’ meno per il futuro dell’influenza degli Stati Uniti nella regione. Il diavolo è come sempre nei dettagli.
Il terzo round di colloqui
Anzitutto: sarà il futuro a dire se il terzo round di colloqui ha fatto davvero segnare un nuovo passo in avanti nelle relazioni inter-coreane. Il primo incontro tra i due leader si era svolto il 27 aprile nella zona demilitarizzata e il secondo, a sorpresa, il 26 maggio, seguito a giugno dallo storico summit a Singapore tra il leader nord-coreano e il presidente americano. L'accordo punta a ridurre le tensioni militari e le possibilità di scontri accidentali, per rendere la penisola coreana libera dalla minaccia delle armi nucleari.
I due Paesi hanno intenzione di costruire una struttura per poter tenere in qualsiasi momento le riunioni delle famiglie divise, lavorare insieme per creare collegamenti stradali e ferroviari, creare una no fly zone al confine e la rimozione di 11 posti di guardia, normalizzare il complesso industriale Kaeson e il progetto turistico Kumgang, e candidarsi congiuntamente per ospitare le Olimpiadi del 2032.
Kim ha promesso di recarsi a Seul "nel prossimo futuro" e di chiudere in modo "permanente" il sito di test missilistici di Dongchang-ri, alla presenza di esperti internazionali. Anche il sito nucleare di Yongbyon potrebbe venire chiuso, se però Washington prenderà "misure corrispondenti".
L'era della "non guerra"
Appunto, il nodo da sciogliere è sempre lo stesso: l’ambiguità che circonda il concetto di denuclearizzazione. Se, da un lato, Moon ha annunciato l’inizio dell’”era della non guerra”, dall’altro Kim ha frenato, sottolineando che il disarmo avverrà solo se gli Stati Uniti procederanno dello stesso passo. Cosa significa?
Come riassume La Stampa, Pyongyang chiede agli Usa di dichiarare la fine della guerra degli anni Cinquanta, che si era conclusa con un armistizio; la cessazione delle esercitazioni militari congiunte con la Corea del Sud, che il leader nord-coreano considera prove generali per l’invasione del Nord; lo smantellamento dell’arsenale atomico americano in Corea del Sud, che con la fine delle ostilità sarebbe ingiustificato; lo sforbiciamento delle truppe Usa stanziate nella Penisola; l’alleggerimento delle sanzioni.
Washington, dal canto suo, insiste che Pyongyang debba dimostrare concretamente la serietà delle sue promesse di disarmo. Il Nord ha condannato "l'approccio da gangster" dell'amministrazione americana che ha chiesto di rinunciare unilateralmente a tutte le armi. Un punto, questo, che ha portato i negoziati ad arenarsi dopo la stretta di mano tra Kim e Trump. Resta da capire se Moon, con l’accordo firmato a Pyongyang, abbia sbloccato l’impasse.
I timori americani sono noti: gli analisti di intelligence sospettano che il Nord abbia continuato a sviluppare il programma nucleare dopo il summit di Singapore, e che stia perseguendo l’obiettivo di mantenere lo status quo, con il riconoscimento di potenza nucleare. Non solo: gli americani temono che Seul, pur di evitare i rischi di una escalation militare, sia disposta ad andare avanti da sola, chiedendo poi a Washington di seguirla. E forse sta succedendo davvero.