Morto, anzi no. Eliminato da un plotone di esecuzione per ordine di Kim Jong-un, anzi no. Si infittisce il mistero sulla sorte di Kim Hyok-chol, il funzionario del ministero degli Esteri nord-coreano, inviato per la trattativa sul nucleare con gli Stati Uniti, dato per morto settimana scorsa da una fonte che aveva parlato al quotidiano sud-coreano Chosun Ilbo, sarebbe vivo, sotto indagine, e in stato di dentizione. Lo riferiscono diverse fonti anonime al corrente della situazione alla Cnn.
Il diplomatico, che in passato aveva ricoperto il ruolo di ambasciatore nord-coreano in Spagna, era stato dato per giustiziato assieme ad altri quattro funzionari del ministero degli Esteri nord-coreano a causa del fallimento del secondo vertice tra il leader nord-coreano e il presidente Usa, Donald Trump, che non ha prodotto un accordo per la denuclearizzazione della penisola coreana.
Una delle fonti citate dalla Cnn ha apertamente definito "sbagliata" la notizia diffusa dal giornale sud-coreano, secondo cui, oltre alle esecuzioni ci sarebbero state retrocessioni nell'organigramma per alcuni alti funzionari, dopo il fallito summit di Hanoi. Tra questi, a essere stato colpito dalla purga sarebbe stato anche Kim Yong-chol, fino a febbraio scorso capo negoziatore con gli Usa per la questione nucleare, e dato per condannato ai lavori forzati. Secondo le fonti della Cnn, sarebbe stato "quasi privato" del potere che deteneva prima, quando era considerato il numero due del regime, e costretto a firmare dichiarazioni di auto-critica. La sua scomparsa dalla scena pubblica, fino a domenica scorsa, sarebbe da interpretare come un segnale di Kim di non volere rompere i negoziati per la denuclearizzazione con gli Usa.
E' anche ricomparsa in pubblico, dopo 52 giorni di assenza, la sorella del dittatore, Kim Yo-jong, ritratta a poca distanza dal fratello, in una foto diffusa oggi dalla Korean central news agency, l'agenzia di stampa del regime di Pyongyang. Kim Yo-jong ha partecipato, assieme al leader a una manifestazione di arte ginnica intitolata "la terra del popolo" al May Day Stadium di Pyongyang, in quella che appare come una nuova smentita delle voci diffuse settimana scorsa da Chosun Ilbo, secondo cui anche lei sarebbe stata punita con una retrocessione nella gerarchia per il fallimento del summit di Hanoi.