Il River Plate non vuole giocare la finale di ritorno della Copa Libertadores a Madrid. E la società argentina torna all'attacco con una nota pubblicata in cui rivendica la propria estraneità agli incidenti del 24 novembre, di cui si sono assunti le colpe le autorità che dovevano preoccuparsi dell'ordine pubblico. Giocare a Madrid sarebbe una punizione "ingiustificata" per i 66.000 tifosi che erano ordinatamente allo stadio. Infine, se il River non ha responsabilità degli incidenti, sottolinea la società, non si capisce perché debba perdere il diritto a giocare nel proprio stadio come aveva fatto il Boca Juniors nella partita d'andata.
"Il club - si legge in una nota - comprende che la decisione della Federazione distorce la concorrenza, danneggia coloro che hanno acquistato il biglietto e incide sull'uguaglianza delle condizioni sportive, vista la perdita della possibilità di disputare la partita nello stadio di casa".
I tre motivi del no a Madrid
In dettaglio, ecco i tre argomenti chiave. "In primo luogo la responsabilità del fallimento delle operazioni di sicurezza relative a sabato 24 novembre è stata pubblica, apertamente assunta dalle più alte autorità dello Stato. Ciò equivale a dire che gli eventi di cui River Plate si rammarica non sono in alcun modo responsabilità del club".
Secondo: "Più di 66.000 persone presenti allo stadio hanno aspettato pazientemente per circa otto ore sabato e sono tornate allo stadio per la seconda volta domenica. A quegli stessi spettatori viene ora negata, in modo ingiustificato, la possibilità di assistere allo spettacolo, in virtù dell'evidente differenza di costi e della distanza propria del luogo prescelto".
Terzo: "È incomprensibile che il più importante match del calcio argentino non possa svilupparsi normalmente nello stesso paese, nei giorni in cui si svolge un G20. Il calcio argentino nel suo insieme e l'Associazione calcistica argentina (AFA) non possono e non devono permettere a un pugno di violenti di ostacolare lo sviluppo del Superclasico nel nostro paese".