Mancano otto giorni alla prevista apertura del Congresso del Partito Comunista Cinese, a Pechino, che sancirà il ricambio di gran parte della classe dirigente del Paese. Cinque dei sette membri della cerchia ristretta del potere dell’attuale Comitato Permanente (tutti tranne il segretario generale, Xi Jinping, e il primo ministro, Li Keqiang) dovranno lasciare il posto per raggiunti limiti di età, ovvero per avere oltrepassato i 67 anni. Oltre a loro, undici membri del Politburo dovranno lasciare il posto a nuovi dirigenti, sempre per lo stesso motivo. Il Congresso sarà preceduto dal settimo plenum del Comitato Centrale del partito, l’organo di vertice con il maggiore numero di membri, circa duecento, il cui inizio è previsto per l’11 ottobre.
Il calendario
Il diciannovesimo Congresso del Partito Comunista Cinese, che “analizzerà in profondità la situazione internazionale e interna”, come sottolineato dall’agenzia Xinhua, comincerà il 18 ottobre prossimo, e durerà, secondo le previsioni, circa una settimana. I 2287 delegati che giungeranno a Pechino avranno il compito di eleggere il nuovo Comitato Centrale del Partito, composto di duecento dirigenti, che a sua volta dovrà eleggere i due organi decisionali di livello più alto: il Politburo, l’Ufficio Politico del Comitato Centrale, composto da 25 membri, e il Comitato Permanente del Politburo, vertice assoluto del potere, oggi composto da sette membri.
Il Comitato Centrale eleggerà anche i membri della Commissione Disciplinare, che indaga sui casi di corruzione all’interno del partito. Uno dei momenti più importanti, assieme alla presentazione dei nuovi leader della Cina, sarà il discorso che pronuncerà il segretario generale del partito, Xi Jinping, sui primi cinque anni del suo mandato, e sugli obiettivi da raggiungere nei prossimi cinque anni.
Chi sarà l'erede di Xi?
Gli interrogativi riguardano soprattutto il ruolo della leadership. Chi saranno i nuovi membri del Comitato Permanente? Xi designerà un erede? Dalla composizione del nuovo Comitato Permanente, gli osservatori della scena politica di Pechino cercheranno di interpretare il grado di influenza di Xi, la cui riconferma al vertice del partito e dello Stato è data praticamente per certa, nella scelta dei membri della nuova cerchia ristretta del potere.
Uno dei segnali che verranno seguiti più attentamente sarà la presenza o meno di un erede designato da Xi a guidare il partito e lo Stato a partire dal 2022, quando salirà al vertice della Cina la sesta generazione di leader. Tra questi ultimi, ci sono due nomi che compaiono con maggiore insistenza, quelli di Chen Min’er, che a luglio scorso è subentrato a Sun Zhengcai, caduto in disgrazia ed espulso il mese scorso dal Pcc, alla guida della municipalità di Chongqing, e quello di Hu Chunhua, attuale segretario del partito del Guangdong, la ricca provincia sud-orientale della Cina. Un mancato segnale sul possibile successore costituirebbe una rottura con la tradizione e potrebbe aprire, secondo alcuni , a resistenze all’interno del partito, sulle riforme del sistema cinese.
Lo zar anti-corruzione verso la riconferma
All’interno della leadership, l’interrogativo più delicato riguarda la sorte dell’attuale capo della Commissione Disciplinare, Wang Qishan. Lo zar dell’anti-corruzione cinese, 69 anni, ha raggiunto l’età del pensionamento, ma da tempo circolano voci su una possibile eccezione nei suoi confronti. Wang romperà con la tradizione? Come verrà condotta la campagna contro la corruzione nei prossimi cinque anni?
Sia una dipartita che una permanenza di Wang, magari in un altro ruolo, verrebbero letti come un segnale del rapporto con il presidente, e della piega che prenderà nel corso del secondo mandato di Xi la campagna contro la corruzione, che ha punito in diverse forme centinaia di migliaia di funzionari del Pcc. Segnali forti in una direzione o nell’altra, per ora, non sembrano essercene, anche se nelle ultime settimane il capo della Commissione Disciplinare ha fatto parlare di sé in almeno due occasioni:
- La prima per un incontro segreto con l’ex chief strategist della Casa Bianca, Steve Bannon, che ha dato adito a due tipi di speculazioni: sia sul futuro di Wang all’interno della leadership, sia sulla necessità, per Pechino, di trovare interlocutori statunitensi affidabili per comprendere le mire del presidente Usa, Donald Trump, rispetto alla Cina.
- La seconda, pochi giorni più tardi, quando ha incontrato il primo ministro di Singapore, Lee Hsien-Loong, che ha chiesto di incontrarlo durante la sua visita a Pechino. La visita, svoltasi con cordialità, è stata inaspettata, e lo stesso Wang si è detto “sorpreso” dalla richiesta di un incontro.
Sulle orme di Deng
Gli altri interrogativi che circolano più spesso riguardano lo status del presidente cinese, nominato lo scorso anno “core leader” del Pcc. Il suo status verrà elevato ulteriormente con l’assegnazione di un altro titolo? Il suo pensiero verrà introdotto nella costituzione del partito? E se sì con quale formula? Già oggi, Xi è a capo di dodici commissioni nazionali che hanno l’ultima parola sui principali aspetti della vita del partito e dello Stato, e il suo ruolo viene visto come il più influente sulla politica e sulla società cinese dai tempi di Deng Xiaoping, il leader delle riforme economiche di fine anni Settanta.
Proprio il paragone con Deng (ma anche con Mao) potrebbe rivelarsi non del tutto eccessivo, soprattutto nel caso in cui il pensiero politico di Xi entrasse nella costituzione del partito, e in particolare con il suo nome accanto, come avvenuto proprio nei casi del pensiero di Mao e della teoria di Deng. Un’eventualità che in molti ritengono possibile: finora, di certo, si sa che al prossimo Congresso il Pcc approverà modifiche alla carta costituzionale, un segnale inviato il mese scorso dal Poltiburo, che ha già pronta una bozza di emendamenti alla carta del Pcc, che potrebbero aprire alla possibilità di inserimento del contributo ideologico dato da Xi al partito.
Al Congresso è poi previsto anche un grosso ricambio all’interno dei vertici della Forze Armate, a capo delle quali c’è sempre Xi, con la carica di presidente della Commissione Militare Centrale (Cmc). L’esercito, assieme al partito, è stato oggetto di pesanti purghe da parte della Commissione Disciplinare che ha preso di mira i due più alti funzionari della passata gestione, quella legata all’ex presidente, Hu Jintao. Sia Xu Caihou che Guo Boxiong, vice presidenti della Cmc fino al 2012, sono stati indagati per corruzione.
Secondo le indiscrezioni degli ultimi giorni, pubblicate dal South China Morning Post di Hong Kong, il prossimo Congresso sarà anche l’occasione per ristrutturare il massimo organo decisionale delle Forze Armate, con molti esponenti che dovranno lasciare il posto, sempre per raggiunti limiti di età, tra cui lo stesso ministro della Difesa, il generale Chang Wanquan. In molti prevedono un grosso ricambio ai vertici delle Forze Armate, e anche dalla nuova composizione del suo massimo organo decisionale si potrà capire quanto forte sia la presa di Xi sugli apparati più importanti del partito e dello Stato.