Mentre, faticosamente, Londra e Bruxelles trattano la "Brexit Bill", ovvero la somma che il Regno Unito dovrà saldare per uscire dall'Unione Europea, un altro scoglio rischia di far naufragare un negoziato già faticoso e in estremo ritardo rispetto alla tabella di marcia.
Il nuovo nodo del contendere è il confine tra le due Irlande, quella indipendente con capitale Dublino e quella parte della Gran Bretagna. Le due Irlande che, nella Comunità Europea, erano diventate più vicine, senza un confine che ora rischia di essere ristabilito, con dazi doganali e tutto quel che ne consegue.
A Dublino il potere di veto
"Lasciate che dica molto chiaramente che se l'offerta del Regno Unito è inaccettabile per l'Irlanda, sarà inaccettabile anche per la Ue", ha dichiarato il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, da Dublino, in conferenza stampa congiunta con il primo ministro irlandese Leo Varadkar, "mi rendo conto che per alcuni politici britannici ciò potrebbe essere difficile da capie ma questa è la logica dietro al fatto che l'Irlanda è un membro della Ue mentre la Gran Bretagna se ne sta andando".
In sostanza l'Irlanda si trova così investita di un potere di veto sulle proposte che Londra avanzerà per regolare la questione del confine. Proposte che, qualora non gradite, bloccheranno la trattativa sul futuro accesso del Regno Unito al mercato comune, una questione vitale per l'esecutivo guidato da Theresa May.
Lo "scenario migliore" per evitare che venga ripristinata la frontiera sarebbe la permanenza di Londra nell'unione doganale, ha sottolineato da parte sua Varadkar che, conscio del potere di cui è stato investito, fa la parte del "poliziotto buono".
"Dato che il governo britannico ha escluso questa opzione, dovrà offrire soluzioni credibili, concrete e percorribili che garantiscano che non ci sia alcun confine rigido qualunque sarà l'esito del negoziato", ha aggiunto, "il periodo che ci separa dal Consiglio Europeo previsto tra due settimane sarà cruciale. Quindi non abbiamo molto tempo ma sono sicuro che con il giusto impegno e la giusta volontà politica possiamo raggiungere un accordo".
Il nodo della fronda interna
Il primo appuntamento su cui puntare gli occhi sarà lunedì 4 dicembre, quando May incontrerà il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, per valutare se i negoziati potranno accedere alla cosiddetta "fase due", ovvero su un nuovo regime di accordi commerciali. Per evitare una nuova rottura, May dovrà quindi necessariamente portare al tavolo una proposta che sia gradita all'Irlanda.
La premier si trova però a dover convincere la fronda interna, questa volta non tanto i "falchi" capeggiati da Boris Johnson quanto gli alleati del Dpu, il partito unionista dell'Irlanda del Nord sui cui dieci voti si regge la fragile maggioranza del governo May alla Camera dei Comuni.
"Se ci sarà la minima avvisaglia che, per placare Dublino e la Ue, l'Irlanda del Nord verrà trattata in maniera differente dal resto del Regno Unito, non potranno contare sul nostro voto", ha avvertito Sammy Wilson, parlamentare del Dup, paventando la possibilità di essere "lasciati per metà nella Ue, trascinati dietro regole che cambiano a Dublino".
Il riferimento, nello specifico, è alle voci sulla possibilità che a Belfast venga concessa maggiore autonomia perché possa mantenere normative più vicine a quelle comunitarie in settori come l'agricoltura o il commercio.