Porti aperti contro sostegno alla Guardia costiera libica: è questa in sostanza la battaglia che andrà in scena oggi nella plenaria dell'Europarlamento al momento del voto su una serie di risoluzioni sulla ricerca e il soccorso nel Mediterraneo. Da un lato un testo votato dalla commissione Libertà civili dopo l'audizione di Carla Rackete e sostenuto da Socialisti&Democratici, Liberali di Renew Europe, Verdi e sinistra del Gue. Dall'altra una risoluzione presentata autonomamente dal Partito Popolare Europeo.
L'esito della votazione è considerato "altamente incerto" - dice una fonte dell'Europarlamento - e potrebbe portare a una rottura preventiva sulla questione delle migrazioni tra i tre gruppi della maggioranza che dovrebbe sostenere la Commissione di Ursula von der Leyen. Le due risoluzioni hanno alcuni passaggi in comune, come ribadire "l'obbligo, conformemente al diritto internazionale del mare, di assistere le persone in difficoltà e invita tutti gli Stati membri". Ma a prevalere sono le differenze.
Il fronte dei progressisti "invita gli Stati membri a mantenere i loro porti aperti alle navi delle ONG" e a vietare a livello Ue la "criminalizzazione" delle attività di assistenza in mare. Il Ppe, che si aspetta il sostegno dei gruppi sovranisti, "invita la Commissione a proseguire la cooperazione con la Libia per contrastare l'attività dei trafficanti e ridurre il numero di traversate irregolari nel Mediterraneo", nonché "a fornire formazione, attrezzature e sostegno allo sviluppo delle capacità" della guardia costiera libica.
Il fronte progressista chiede agli Stati membri di "potenziare le operazioni proattive di ricerca e soccorso fornendo una quantità sufficiente di navi e attrezzature specificamente dedicate alle operazioni (...) lungo le rotte sulle quali possono contribuire efficacemente al salvataggio di vite umane". Vuole una missione di salvataggio Ue "coordinata da Frontex" o una serie di "operazioni internazionali, nazionali o regionali distinte, preferibilmente civili". Invita la Commissione "a sostenere politicamente e finanziariamente tali iniziative". Infine, spinge a favore di "un meccanismo sostenibile ed equo di ricollocazione delle persone che arrivano via mare" nell'ambito della riforma di Dublino.
La risoluzione del Ppe è di tutt'altro tono e prefigura un'Europa fortezza. La Commissione - per i Popolari - deve "valutare quali altri paesi di transito e di origine potrebbero essere rilevanti ai fini di una più stretta cooperazione in materia di migrazione verso l'Ue". Inoltre, deve proporre "modifiche volte a ridurre la migrazione economica irregolare da paesi terzi verso l'Ue".
Ma la misura più controversa evocata dal Ppe è la richiesta di istituire "centri comuni di arrivo alle frontiere esterne dell'Ue, in cui le autorità dell'Unione possano valutare rapidamente il diritto di asilo di ciascun individuo". È la vecchia proposta di Viktor Orban e Sebastian Kurz di centri di sbarco e detenzione dei migranti fuori dall'Ue, che in passato era stata rigettata da diversi governi e dalla Commissione perché contraria al diritto comunitario. Nel voto si scontrano due visioni opposte delle politiche da condurre sul fronte migratorio. E l'esito potrebbe condizionare le scelte che farà Ursula von der Leyen per uscire dallo stallo sulla riforma di Dublino.