Bisogna puntare sulle foreste tropicali per iniziare a combattere il cambiamento climatico. La deforestazione è una delle cause dell'inquinamento atmosferico, ma non la principale. A incidere sul 70% delle emissioni sono tutti gli altri cambiamenti della foresta non misurabili fino a questo momento. A riuscire nell'impresa uno scienziato italiano del Wood Hole Research Center, Alessandro Baccini, autore del rapporto “Tropical forests are a net carbon source based on aboveground measurements of gain and loss”, pubblicato sulla rivista ‘Science’, che ha messo a punto, insieme al suo team di ricercatori, un nuovo metodo per misurare tutte quelle emissioni di carbonio, derivanti dalla degradazione forestale.
La novità della ricerca
“Il nostro studio - racconta all’Agi Alessandro Baccini - ci ha permesso di mettere a punto un nuovo metodo che per la prima volta ci permette di misurare, non solo le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla deforestazione, ma anche quelle, e sono molte, causate dalla degradazione: tutti quei fenomeni e azioni che vanno a cambiare la foresta. Ad esempio il taglio di alcuni alberi (teniamo presente che il 70% dei Paesi in via di sviluppo utilizza ancora il legno come fonte principale di energia), o gli incendi o la morte naturale delle piante, magari causata dalla siccità. Bisogna considerare - puntualizza Baccini - che il 50% della biomassa di un albero è carbonio, che nel momento in cui l'albero è rimosso viene rilasciato nell’atmosfera. La novità consiste nel fatto che fino a qualche anno fa - continua l’autore del rapporto - si poteva misurare solo la quantità di emissioni derivanti dalla deforestazione, ma non si conoscevano quelle causate dalla degradazione”.
Le foreste emettono più Co2 di quanto sono in grado di assorbire
Tale innovazione nel metodo di misurazione delle emissioni di carbonio ha permesso di capire che purtroppo le foreste tropicali, oggi, emettono più anidride carbonica di quanta siano in grado di assorbire. “Le foreste tropicali, da sempre considerate un grosso polmone - continua a spiegare Alessandro Baccini - in realtà oggi non riescono più ad assorbire tutta l’anidride carbonica che viene emessa. Le cause sono, come già detto, la deforestazione ma anche la degradazione che produce molta anidride carbonica. Ciò significa che nel corso degli anni, gli interventi dell’uomo sulla vegetazione sono stati tali da non permettere alle piante di contrastare l’effetto del cambiamento”.
Un algoritmo per capire i cambiamenti
“Il metodo - spiega ancora Baccini - si basa su una combinazione di dati raccolti direttamente sul terreno delle foreste tropicali e di dati rilevati dai satelliti che girano intorno alla Terra. Sono stati usati due tipi di sensori: uno che fornisce informazioni sulla struttura verticale della vegetazione e un altro che invece dà informazioni relative alla densità delle piante nella foresta. Da tutto questo derivano delle immagini con le quali - racconta l’autore del rapporto - riusciamo a formare una mappa che rappresenta in ogni punto il valore del carbon density in una certa data. Avendo questa stima temporale della quantità del carbonio siamo riusciti a sviluppare un algoritmo che ci permette di capire il cambiamento nella foresta e di quantificarlo”.
Si può invertire il trend
“Con i risultati raggiunti in questi anni di studio e ricerca adesso è possibile invertire il trend”, conclude Alessandro Baccini. “Possiamo riportare le foreste tropicali ad assorbire più anidride carbonica di quanto viene emessa e rallentare così il cambiamento climatico. Basta migliorare le foreste e diminuire la deforestazione. Tutto questo avrebbe un costo relativamente basso rispetto ad altre azioni che si potrebbero mettere in campo e migliorerebbe la vita di molte popolazioni, moltiplicando così i benefici dell’intervento”.
Breve storia dello studio
Lo studio condotto da Alessandro Baccini e dal Woods Hole Research Center, considerato per il quarto anno consecutivo il migliore think tank per il cambiamento climatico, è iniziato nel 2010. I primi risultati sono stati raggiunti nel 2012 e da quel momento i ricercatori hanno iniziato a sviluppare la tecnologia che viene illustrata nel Rapporto “Tropical forests are a net carbon source based on aboveground measurements of gain and loss”. Il progetto è stato finanziato dalla Nasa e alla sua realizzazione ha contribuito anche la Boston University.