"Posso affermare che non vi è alcuna firma 'imminente' di un accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese". Lo ha precisato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke, dopo le dichiarazioni al Global Times del vescovo cinese Joseph Guo Jincai secondo cui l'accordo tra Cina e Vaticano sarebbe entrato "nelle fasi finali". Greg Burke ha tuttavia significativamente aggiunto: "Vorrei anche sottolineare che il Santo Padre Francesco rimane in costante contatto con i Suoi collaboratori sulle questioni cinesi e accompagna i passi del dialogo in corso".
Joseph Guo Jincai è il segretario generale della Conferenza dei Vescovi della Chiesa Cattolica in Cina, riconosciuta da Pechino. Ai microfoni del tabloid Global Times, uno dei più influenti giornali cinesi, ha detto che l'accordo porrebbe essere siglato molto presto, se non già entro pochi giorni. L'intesa affronterebbe il nodo della nomina dei vescovi, principale punto di divisione tra le due parti, e "questioni di comune interesse per Pechino e la Santa Sede", tra cui il vescovo cinese cita la promozione della pace mondiale. "Se tutto andrà bene - ha detto - l'accordo potrebbe essere siglato alla fine del mese. La tempistica dipende dai dettagli dell'accordo o da questioni tecniche".
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La notizia comparsa sul tabloid pubblicato dal Quotidiano del Popolo, organo di stampa del Partito Comunista Cinese, giunge a poche ore dalla notizia della detenzione e della successiva liberazione dopo un giorno in custodia di Guo Xijin, vescovo di Mindong, nel sud-est della Cina, riferita dal portale Asianews, che tratta i temi della cristianità in Asia. Il quotidiano di Pechino cita anche un'altra voce, più scettica sull'imminenza dell'accordo, quella di Wang Meixiu, ricercatore presso l'Accademia Cinese di Scienze Sociali, il maggiore think-tank cinese, secondo cui permangono ancora "incertezze" sull'accordo, come il riconoscimento da parte del Vaticano di sette vescovi sostenuti dal governo cinese. "Anche i cambiamenti politici e legali in Cina devono essere tenuti in considerazione", ha poi aggiunto il ricercatore: un riferimento, suggerisce il Global Times, alle nuove regole sugli Affari Religiosi entrate in vigore in Cina a febbraio scorso, che prevedono che la religione si adatti alla regole della società socialista.
Joseph Guo Jincai è considerato dal Vaticano un vedovo ordinato illegittimamente. Guo è dal 2010 vescovo di Chengde, nella provincia nord-orientale dello Hebei, e la sua ordinazione da parte della Chiesa Patriottica aveva generato toni duri di rimprovero dal Vaticano, che aveva parlato, all'epoca, di una "grave violazione della disciplina cattolica". La sua situazione sarebbe cambiata anni più avanti: secondo quanto scriveva nell'ottobre 2016 il periodico Catholic Herald, il nome di Guo sarebbe stato inserito tra quelli di quattro vescovi della Chiesa patriottica che il Vaticano stava valutando di riconoscere.
Cina e Vaticano stabiliranno relazioni diplomatiche “prima o poi” e Papa Francesco, “con la sua saggezza”, potrà contribuire alla ripresa dei rapporti diplomatici con Pechino, scriveva il tabloid il mese scorso. Una volontà che trova conferma nella parole della portavoce del ministero degli Esteri cinesi, Lu Kang, che giorni fa ha espresso l’auspicio che "Pechino e la Santa Sede migliorino i legami bilaterali lavorando verso la stessa direzione”.
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Il Vaticano sarebbe pronto a firmare l’intesa con Pechino sulla nomina dei vescovi che fungerebbe da apripista per la ripresa delle relazioni con la Repubblica Popolare Cinese, dopo la rottura dei rapporti nel 1951. Il riconoscimento dei vescovi nominati da Pechino da parte della Chiesa di Roma è stato il caso che ha fatto maggiormente discutere nelle scorse settimane e che ha fatto infuriare uno storico oppositore dell’accordo tra Cina e Vaticano, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, secondo cui l’accordo sarebbe “una catastrofe”, almeno per i milioni di cattolici in Cina rimasti fedeli alla Chiesa di Roma e riuniti nella Chiesa clandestina. Il problema della divisione dei cattolici in Cina, tra i fedeli alla Chiesa clandestina e i fedeli alla Chiesa patriottica, che agisce con il benestare delle autorità cinesi, era stato affrontato dal segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, secondo cui “non si tratta di mantenere una perenne conflittualità tra principi e strutture contrapposti, ma di trovare soluzioni pastorali realistiche che consentano ai cattolici di vivere la loro fede e di proseguire insieme l’opera di evangelizzazione nello specifico contesto cinese”.