Pechino si sente "costretta" a intraprendere nuove azioni commerciali perché, ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri, Geng Shuang, "non accetta l'azione unilaterale sul commercio e il protezionismo degli Stati Uniti".
L'ultimo round di tariffe applicate dagli Usa alle merci cinesi mette a repentaglio anche il dialogo tra Cina e Stati Uniti sul commercio, che settimana prossima avrebbe visto il ritorno a Washington del vice primo ministro, Liu He, il principale consigliere economico del presidente cinese, Xi Jinping, per cercare di ricucire una situazione che oggi appare ampiamente compromessa.
Le minacce di rappresaglia di Trump
Proprio Liu He, nella mattina di ieri, secondo quanto dichiarato all'agenzia Bloomberg da una fonte al corrente dei movimenti di Pechino, avrebbe convocato una riunione di alti funzionari di Pechino per decidere la strategia da utilizzare in risposta alla nuova offensiva sul commercio dell'amministrazione Trump, che ha già fatto sapere di non gradire la mossa di Pechino. "Ci sarà una grande e rapida rappresaglia economica contro la Cina", scrive Trump su Twitter, "se i nostri, agricoltori, allevatori e/o operai delle industrie saranno presi di mira".
L'impatto sull'economia cinese da nuove tariffe, ha assicurato da Tianjin un adviser della Peoplès Bank of China, la banca centrale cinese, Liu Shijin, non sarà significativo, ma occorrerà tenere conto delle ripercussioni sui mercati azionari e monetari.
La pesante reazione della Cina
La Cina imporrà tariffe del 5% e del 10% su sessanta miliardi di dollari di merci importate dagli Stati Uniti a partire dal 24 settembre prossimo, la stessa data in cui gli Usa faranno scattare tariffe, inizialmente al 10% e al 25% a partire dall'inizio del 2019, su duecento miliardi di dollari di prodotti provenienti da Pechino.
La misura di ritorsione, preannunciata già il mese scorso, alle prime minacce di una nuova escalation della tensione commerciale con Washington, è stata annunciata ufficialmente in serata, ora locale, dal Ministero delle Finanze di Pechino, che dichiara di "non avere altra scelta" che rispondere alle tariffe Usa con tariffe di rappresaglia, dopo che dal Ministero del Commercio era arrivata, nel pomeriggio, la promessa di ritorsioni alle nuove misure "unilaterali e protezionistiche" degli Stati Uniti "per salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi e l'ordine globale del commercio".
Le tariffe andranno a colpire 5207 prodotti di importazione statunitense, anche se con tariffe inferiori (5% e 10%) rispetto a quanto preventivato in precedenza (Fino al 25%): tra questi ci sono, tra gli altri, il caffè, il miele e i prodotti chimici.
Le strategie dell'uomo d'affari Trump potrebbero non funzionare in Cina
La situazione appare lontana da un rasserenamento. Oltre al nuovo capitolo dell'escalation commerciale tra Pechino e Washington, sul futuro grava la minaccia di ulteriori dazi che Trump vorrebbe applicare su 267 miliardi di dollari di importazioni cinesi: una misura che porterebbe, una volta approvata, ad applicare tariffe su 517 miliardi di dollari di merci provenienti dalla Cina, ovvero virtualmente tutto l'export di Pechino verso gli Stati Uniti.
Con la nuova offensiva, Trump sta "avvelenando" il clima dei colloqui, aveva dichiarato questa mattina il vice presidente della China Securities Regulatory Commission, Fang Xinghai, durante un forum a Tianjin. "Il presidente Trump è uno schietto uomo d'affari e cerca di esercitare pressione sulla Cina per ottenere concessioni dai negoziati", aveva detto in dichiarazioni riprese dall'agenzia Reuters. "Penso che questo tipo di tattica non funzionerà con la Cina".
La guerra commerciale in corso tra Cina e Stati Uniti desta preoccupazione anche tra le imprese europee che operano in Cina. Secondo il presidente della Camera di Commercio dell'Unione Europea in Cina (Euccc), Mats Harborn, che oggi ha presentato il Position Paper, il documento annuale più importante della Euccc, la Cina dovrebbe ridurre il "deficit di riforme" per "ridurre anche le tensioni nella guerra commerciale in corso" tra Cina e Stati Uniti: una tesi che è, pero', andata incontro alle critiche degli esperti cinesi sentiti dall'influente e agguerrito tabloid Global Times, che parlano di "logica sbagliata" da parte dell'associazione che difende le imprese europee che operano in Cina.