La Cina sta pensando di limitare l’uso di energia elettrica da parte di alcuni minatori di bitcoin, una notizia destinata a non far dormire sonni tranquilli ai cavatori che usano computer ad alto consumo giacché eseguire transazioni in criptovaluta richiede una grande potenza di calcolo. A decidere il taglio ai consumi di elettricità la Banca centrale cinese. Lo riferisce Bloomberg citando fonti informate dei fatti. Nessun dettaglio trapela per ora sul modo in cui la People’s Bank of China (PBoC) abbia intenzione di procedere.
Ecco perché i minatori di bitcoin si trasferiscono in Cina
Qual è il problema? Proprio in ragione degli alti consumi di energia elettrica che caratterizza l’attività dei minatori, molti di loro si sono trasferiti nelle regioni dove l’elettricità costa di meno, in luoghi dal clima mite e dotati di connessione internet veloce. Cioè la Cina. La soluzione degli algoritmi per creare bitcoin consuma moltissima energia, dagli 8,26 terawatt all’ora (TWh) ai 37,22 TWh ogni anno – quasi quanto consuma l'intero Perù.
In Cina c'è un problema di sovraccapacità produttiva
Di energia la Cina abbonda. Meglio: ha un problema di surplus. Secondo una mappa disegnata da Bloomberg, le province cinese dove si concentra il maggior numero dei minatori sono al Nord (Liaoning, Heilongjiang, Gansu, Mongolia interna) e al Sud (Sichuan, Yunnan, Guizhou). Entriamo nel vivo della questione: la sovraccapacità produttiva.
Nelle province nord-occidentali dello Xinjiang e del Gansu, la produzione di un terzo degli impianti eolici e di un quarto di quelli solari è stata tagliata nel 2017, secondo Bloomberg New Energy Finance, proprio a causa del surplus di cui è affetto il sistema. Gli impianti alimentati da combustibili fossili sono rimasti spenti per metà del tempo, e tra tutte le fonti di energia, il suo tasso di utilizzo è sceso al di sotto delle 12 ore giornaliere a partire dal 2014.
Il bitcoin? Una manna dal cielo per i produttori di energia elettrica
Ecco dunque perché i minatori di bitcoin sono stati una vera manna dal cielo per i produttori di energia elettrica, che grazie al bitcoin hanno incrementato i profitti. Dalla mappa emerge chiaramente come le attività di estrazione si siano concentrate nelle regioni con eccesso di elettricità: nella Cina del Nord c’è un eccesso di energia prodotta dal carbone; nella provincia nord-occidentale dello Xinjiang di energia eolica; nelle regioni sud-occidentali le dighe di recente costruzione hanno generato un eccesso di energia idroelettrica.
Il sistema cambierà in fretta, energia in eccesso trasferita verso Est
Secondo Bloomberg, l’intervento delle autorità finanziarie potrebbe rivelarsi superfluo visto che il sistema energetico sta cambiando in fretta. La Cina non vuole più sprecare energia e sta introducendo nuove misure per trasferire l’elettricità in eccesso nelle regioni che ne hanno bisogno (soprattutto nelle province orientali dove scarseggia). È un processo già in atto.
La National Energy Administration ha promesso nel novembre scorso che lo spreco di energia rinnovabile cesserà entro il 2020. I limiti alla crescita della capacità produttiva, che registra i tassi più bassi dal 2010, hanno già sortito effetti positivi; solo il 7% dell’energia erogata dal maggiore gruppo eolico, China Longyuan Power Group, è stata tagliata a novembre, il decimo mese consecutivo di risultati positivi. Mentre la Cina cerca di ridurre il surplus di energia, l’età dell’oro per i minatori del bitcoin potrebbe presto volgere al termine.
Pechino e le criptovalute
Pechino da tempo combatte le criptovalute e le piattaforme di scambio. Torna sull’argomento un editoriale odierno del People’s Daily, maggiore quotidiano cinese, dal titolo “Il Bitcoin è uno strumento di speculazione”.
Dopo lo stop alle Ico deciso a inizio settembre, il governo cinese sta pensando a un quadro normativo per il trading delle valute digitali. l rischio per i cinesi è che valute digitali come Bitcoin ed Ethereum possano diventare "strumenti per flussi di denaro o di investimenti illegali".