La data della Brexit è stata spostata di due settimane, dal 29 marzo al 12 aprile, nella speranza che la Camera dei Comuni approvi già la prossima settimana l'accordo stretto da Theresa May con Bruxelles. È questa in sostanza l'intesa raggiunta tra i capi di Stato e di governo dell'Unione Europea a 27 e il primo ministro britannico, Theresa May, dopo una lunga maratona negoziale sulla Brexit.
Quello dell'Ue è l'ennesima "mano tesa" per cercare di evitare una Brexit senza accordo dannosa per tutti, ma catastrofica per il Regno Unito. Il testo delle conclusioni del Consiglio europeo prevede che, se il Parlamento di Westminster approverà l'accordo di May la prossima settimana, l'Ue concederà una proroga fino al 22 maggio, il giorno prima dell'avvio delle elezioni europei (dal 23 al 26 maggio a seconda degli Stati membri). Se invece "l'accordo di recesso non sarà approvato dalla Camera dei Comuni la prossima settimana, il Consiglio europeo acconsente a una proroga fino al 12 aprile 2019 e si attende che il Regno Unito indichi prima di tale data il percorso da seguire", dicono le conclusioni.
May promette "ogni sforzo" per evitare il no deal
"In pratica, fino a quella data, tutte le opzioni rimarranno sul tavolo", ha spiegato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk: "il governo britannico avrà ancora una scelta tra un accordo, un non accordo, una proroga lunga o revocare l'articolo 50". Per il momento, l'unica scelta vera dell'Ue è di rinviare "la data del precipizio", come l'ha definita Tusk.
"Farò ogni sforzo per assicurare un'uscita con un accordo", ha risposto May in una conferenza stampa: "ora i parlamentari sanno quali sono le scelte. Possiamo uscire con un accordo e ottenere una proroga al 22 maggio. Se quell'accordo non passa, prima del 12 aprile dobbiamo presentare un altro piano, e quel piano significa la partecipazione alle elezioni europee". May ha già chiarito che ai suoi occhi "sarebbe fortemente sbagliato di chiedere ai cittadini del Regno Unito di partecipare a queste elezioni 3 anni dopo il referendum".
La linea dura di Macron
Il dibattito tra i capi di Stato e di governo è stato lungo e faticoso, con i 27 divisi in due campi. Da una parte, i leader favorevoli alla linea dura, guidati dal presidente francese Emmanuel Macron, che è arrivato al Consiglio europeo lanciando un ultimatum: in caso non voto o voto negativo ai Comuni la prossima settimana "si andrebbe direttamente a un mancato accordo" il 29 marzo. Dall'altra, i primi ministri preoccupati dalle ripercussioni economiche di una "no-deal Brexit", come Germania e Olanda che hanno spinto per dare un po' piu' di tempo a Londra.
La soluzione trovata permettere all'Ue di imporre le sue condizioni a May, nel momento in cui molti sospettano il premier britannico di preferire un'uscita senza accordo a una versione più soft della Brexit. Macron ha evocato la necessità di un "cambiamento politico profondo" per concedere una proroga lunga (almeno fino a fine 2019, probabilmente fino al 2020) al Regno Unito.
A Bruxelles diversi diplomatici hanno evocato la possibilità di dimissioni di May in caso di terza bocciatura del suo accordo ai Comuni. La situazione nel Regno Unito è sempre piu' allarmante. Sindacati e associazioni di imprenditori hanno scritto un comunicato congiunto per denunciare "l'emergenza nazionale" e esigere dal governo un "piano B" all'uscita senza accordo. Una petizione online per chiedere la revoca della Brexit ha raccolto in poche ore oltre 2 milioni di firme.
Il referendum del 2016 è stato "il piu' grande esercizio democratico della nostra storia. C'è stato un chiaro risultato e dobbiamo uscire dall'Ue", ha tagliato corto May. Il premier appare determinato a continuare per la sua strada. Per l'Ue e il Regno Unito il rischio è di ritrovarsi il 12 aprile nella stessa posizione in cui si sarebbe trovata il 29 marzo in caso di nuova bocciatura dell'accordo: davanti a una Brexit caotica e disordinata.