Theresa May scrive ai deputati di Westminster: un terzo voto sull'accordo per la Brexit raggiunto con l'Ue potrebbe non esserci se mancherà il necessario sostegno. Con tutte le conseguenze del caso.
La possibilità che non si voti l'accordo, già sonoramente bocciato due volte, rientra tra le opzioni: in quel caso Londra chiederebbe prima del 12 aprile (data per il rinvio breve concesso dall'Ue rispetto alla scadenza del 29 marzo) una proroga più estesa dell'articolo 50 e i cittadini del Regno Unito sarebbero costretti a votare alle elezioni europee del 26 maggio. Altre opzioni sono la revoca dell'articolo 50 o il no deal, oltre a quella per cui May si sta battendo ostinatamente: il divorzio regolato dall'accordo raggiunto dalla premier, con il via libera del Parlamento.
May parla chiaro, e sono parole che lasciano intendere quale sia l'umore nei corridoio di Downing Street. "Esprimo la mia frustrazione davanti all'incapacità di prendere una decisione, ma so che questo è motivo di frustrazione anche per voi. Avete un lavoro duro da svolgere e non è mia intenzione di complicarlo", afferma la premier nella lettera, che ha deciso di scrivere dopo che il partito Unionista nordirlandese (Dup), spalla del suo governo di minoranza, ha deciso di continuare a non sostenere l'accordo.
Il dibattito a Westminster riprenderà lunedì ma la terza eventuale votazione non è stata ancora programmata. La decisione finale spetta allo speaker John Bercow, il quale avrà avvertito che consentirà il voto di un accordo diverso nella sostanza da quello già bocciato due volte dai deputati. Oggi intanto è prevista una manifestazione dei sostenitori della piattaforma 'People's Vote', che chiede un secondo referendum.
Intanto una folla sterminata nelle strade di Londra per chiedere un secondo referendum sulla Brexit. Nella capitale britannica non si vedeva così tanta gente dai tempi delle marce contro la guerra in Iraq, nel 2003. E intanto la petizione on-line per chiedere che il governo fermi la Brexit è arrivata a 4 milioni e mezzo di firme.
Mentre il governo appare sempre più nel caos: è spuntato un documento segreto in cui emergono tutte le sue inquietudini in caso di una Brexit senza accordo, un'opzione ancora sul tavolo.
Le autorità si preparano ma riconoscono che il caos è dietro l'angolo, che la fase critica potrebbe durare fino a tre mesi e sono pronti a uno scenario-apocalisse (stop nei trasporti, penuria di cibo e farmaci, persino di carta igienica).
“Date la parola al popolo”
Convocati dalla piattaforma civica 'People's Vote', sono scesi in piazza i britannici che non perdono la speranza di rimanere dentro l'Unione Europea (arrivati in treno o pullman dai quattro angoli del Paese) e tanti lavoratori immigrati europei.
Secondo gli organizzatori la marcia, convocata sotto lo slogan "Put it to the people" (Fai scegliere la gente) ha raccolto più di un milione di persone nel centro della capitale britannica.
Una folla impressionante ha invaso le strade. I manifestanti sono partiti da Park Lane e hanno attraversato la città fino dinanzi al Parlamento britannico dove la prossima settimana è previsto che i deputati si pronuncino per la terza volta sull'accordo Brexit della premier, Theresa May: chiedevano al governo di dare l'ultima parola al popolo sull'accordo o addirittura ribaltare la Brexit.
Tra i politici presenti, alcuni hanno parlato. Il 'numero due' del Partito laburista, Tom Watson, ha detto "Siamo un milione" e ha aggiunto di essere lì per conto della figlia di 10 anni: "Mi ha detto di ringraziarvi per la campagna per il suo futuro".
Erano presenti anche la premier della Scozia e leader degli indipendentisti dell'Snp, Nicola Sturgeon, l'ex vicepremier Tory, Michael Heseltine, il sindaco di Londra, il laburista Sadiq Khan. Presenti anche i membri del nuovo gruppo indipendente creatosi in Parlamento, deputati Labour e Tory come Chuka Umunna o Anna Soubry.
Intanto crescono le firme sulla petizione online per chiedere al governo di abrogare l'articolo 50 del trattato di Lisbona e annullare la Brexit.
May annaspa per trovare una soluzione
Non si è mai vista una petizione di questo tipo con così tante firme ed ora è attesa la risposta dell'esecutivo mentre il Parlamento valuta se sottoporre la questione a un dibattito.
Dopo che il Consiglio europeo ha avvertito il Regno Unito che concederà solo una breve proroga, fino al prossimo 22 maggio, se prima del 29 marzo Westminster approverà l'accordo, May lavora in quella direzione; ma ha avvertito, in una lettera ai deputati, che il terzo voto (dopo le due sonore precedenti bocciature) potrebbe non esserci se si renderà conto che le manca il necessario sostegno.
Se questo piano fallisce, allora il Paese dovrà decidere entro il 12 aprile se, come chiede la petizione, revocare l'articolo 50, se convocare un nuovo referendum o chiedere una proroga più lunga che costringerebbe il Regno Unito a partecipare alle elezioni al Parlamento europeo, a fine maggio. Bruxelles permettendo.