Ci sono voluti quasi nove mesi perché i negoziatori di Londra e Bruxelles riuscissero a partorire un primo accordo sulle principali questioni legate al divorzio fra Regno Unito e Unione Europea. Da quando, nel marzo scorso, la premier Theresa May ha chiesto il ricorso all'articolo 50 del trattato Ue avviando la procedura della Brexit, il negoziato è stato "lungo e difficile" e costellato di incomprensioni e accuse reciproche. Dopo l'ennesimo rinvio di lunedì scorso, dovuto alla frenata del partito nordirlandese unionista, fondamentale alleato del primo ministro, in pochi giorni il negoziato è giunto a una svolta, appena in tempo per rispettare la scadenza di questa settimana.
Un "periodo transitorio" di due anni
Ora sui tre punti prioritari, diritti dei cittadini, confine irlandese e impegni finanziari britannici, si è trovato un "compromesso", come lo ha definito il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, che dovrebbe permettere ai 27 capi di Stato e di governo di approvare fra una settimana le "linee guida" messe a punto dal Consiglio per la seconda fase del negoziato, quella per stabilire le relazioni Ue-Gb post Brexit. Ci vorrà tempo, tanto che nel "rapporto congiunto" firmato la notte scorsa a Bruxelles, si prevede un "periodo transitorio", che secondo gli auspici britannici durerà almeno un paio di anni e le cui modalità dovranno essere stabilite "al più presto" l'anno prossimo.
Durante questo periodo, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, per continuare a far parte del mercato unico e dell'Unione doganale il Regno Unito dovrà continuare a rispettare le normative Ue, a riconoscere la giurisdizione della Corte di Lussemburgo. Ma anche a pagare il conto dell'appartenenza all'Ue. "La sfida più difficile deve ancora arrivare", ha commentato Tusk, stamattina dopo avere incontrato Theresa May. La premier ha sottolineato di aver firmato un compromesso "nel pieno interesse del Regno Unito" e Tusk le ha riconosciuto "un grande successo personale"; ma i più agguerriti fautori della Brexit non sono altrettanto soddisfatti.
Quanto sborserà Londra per andarsene?
Quello degli impegni finanziari è un tema particolarmente delicato: nel rapporto congiunto non appaiono cifre, ma vengono soltanto precisate le modalità del calcolo e la necessità per il Regno Unito di pagare tutto il dovuto per il periodo del bilancio in corso, ovvero fino almeno fino 2022 quando si esauriranno i programmi avviati tra il 2014 e il 2020. Naturalmente, in caso di "proroga", i pagamenti dovranno continuare. Durante il periodo transitorio il Regno Unito dovrà pagare il suo contributo al bilancio comunitario "per intero", ha detto un alto funzionario europeo. "Le cifre cambieranno" anche dopo la Brexit, ha spiegato Barnier.
Nessun "hard border" con l'Irlanda
Bruxelles non vuole diffondere dati per non rendere ancora più difficile la situazione politica della premier May. Ma secondo alcune stime l'ammontare complessivo che il Regno Unito si prepara a dover sborsare si aggira fra i 40 e i 60 miliardi netti (fra 80 e 100 lordi). Anche sugli altri due punti prioritari per andare avanti con la seconda fase del negoziato, il confine in Irlanda e i diritti dei cittadini, si sono trovati difficili compromessi. "Fra Irlanda del Nord e Repubblica di Irlanda - ha assicurato May - garantiremo che non ci sarà una frontiera dura". Ma, per convincere gli unionisti nord-irlandesi, il premier britannico è stato costretto a fare una concessione maggiore: in caso di mancato accordo con l'Ue su una soluzione per evitare il ritorno della frontiera, il Regno Unito nel suo insieme "manterrà il pieno allineamento con quelle regole del mercato interno e dell'unione doganale". Per quanto riguarda i diritti dei circa 3 milioni di cittadini europei che vivono nel Regno Unito e del milione di britannici in Ue "conserveranno gli stessi diritti acquisiti fino al momento della Brexit (compreso il periodo transitorio) anche dopo". May ha dovuto anche accettare la giurisdizione della Corte europea di giustizia sui tribunali britannici per un periodo di 8 anni al fine di tutelare i diritti dei cittadini.
I prossimi passi del negoziato
Il testo di compromesso firmato oggi "potrebbe rappresentare la base dell'accordo finale" per l'uscita, fissata a marzo 2019. Se ora la prima cosa da discutere sarà come gestire l'inevitabile "periodo transitorio", subito dopo si comincerà a trattare sulle future relazioni commerciali. E il caponegoziatore Ue Michel Barnier ha già detto di immaginare "un accordo di libero scambio sul modello di quello concluso con il Canada". Ma, ha ricordato Tusk, si dovrà anche subito cominciare ad affrontare una serie di altre questioni, dalla lotta al terrorismo, dalla sicurezza e difesa alle relazioni internazionali.
Il problema ancora una volta è più a Londra che a Bruxelles. Questa settimana il cancelliere dello scacchiere, Philip Hammond, ha rivelato che il governo May non ha ancora discusso in modo approfondito che tipo di relazioni future intende perseguire con l'Ue. Nelle linee guida per la seconda fase dei negoziati che adotteranno nel loro Vertice del 15 dicembre, i capi di Stato e di governo dell'Ue a 27 dovrebbero chiedere nuovamente chiarezza a Londra. May rischia di trovarsi nuovamente confrontata a scelte difficili e contestazioni. Come ha ricordato Tusk parlando del negoziato a venire sui rapporti tra Ue e il Regno Unito per il dopo-Brexit, "separarsi è difficile. Ma separarsi e costruire una nuova relazione è molto piu' difficile".