Roma - Dopo il terremoto, le scosse di assestamento, anche se non meno devastanti. La prima fa tremare il continente e rotolare sotto la mannaia della Brexit la testa di Jonathan Hill, commissario con delega ai Servizi Finanziari e uomo di Cameron a Bruxelles. Le sue dimissioni sono state accolte dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che ha annunciato consultazioni con il premier britannico per la nomina del successore. "Poiche' ci muoviamo verso una nuova fase, non credo sia giusto che io continui come commissario britannico come se niente fosse successo - ha spiegato in una nota - in linea con quanto gia' discusso con il presidente della Commissione alcune settimane fa, gli ho annunciato che intendo dimettermi". "Come molte persone qui e nel Regno Unito - ha sottolineato ancora - sono ovviamente molto deluso dal risultato del referendum. Volevo che finisse in modo differente... Ma il popolo britannico ha preso una decisione diversa ed e' cio' che prevede la democrazia. Quel che e' fatto e' fatto e adesso dobbiamo cercare di far funzionare al meglio le nostre relazioni con l'Europa". Juncker ha affidato il portafoglio a Valdis Dombrovskis, vicepresidente dell'esecutivo comunitario e responsabile per l'Euro ed "e' pronto a discutere rapidamente con il primo ministro britannico i potenziali nomi del commissario di nazionalita' britannica" che succedera' a Hill, spiega in una nota la Commissione Ue.
Tutti i commissari dimissionari nell'Ue
Una seconda scossa di assestamento scuote il Regno Unito: Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese, ha annunciato di voler avviare "colloqui immediati" con "le istituzione comunitarie" e "con altri Stati membri" per "esplorare tutte le possibili opzioni in vista di tutelare il posto della Scozia nell'Unione Europea". Nei prossimi giorni, ha spiegato, sara' nominata una commissione consultiva formata da giuristi, economisti e diplomatici per analizzare la varie ipotesi procedurali e sostanziali. La signora Sturgeon ha quindi confermato che saranno predisposte norme con le quali rendere ossibile la convocazione di un secondo referendum sull'indipendenza dal Regno Unito, gia' da lei definito "altamente probabile", dopo quello perso di stetta misura due anni fa. In Scozia i voti contrari alla Brexit hanno superato il 60 per cento del totale, a fronte del 52 per cento scarso raggiunto dai si' nell'intera Gran Bretagna.
La terza scossa viene dai delusi e dai pentiti della Brexit che sono accorsi in massa - oltre 2 milioni e mezzo in meno di 24 ore - a firmare la petizione che chiede un secondo referendum sull'uscita della Gran Bretagna dall'Ue. Secondo la legge il Parlamento dovra' discutere la petizione dopo il superamento delle 100.000 firme, traguardo superato in poche ore. I firmatari chiedono la promulgazione di una nuova legge che prescriva la ripetizione del referendum in caso di un risultato con un margine di vantaggio del 'Leave' o del 'Remain' inferiore al 60% e che abbia come condizione minima un'affluenza alle urne non inferiore al 75%. Ma Bruxelles non sembra avere tanta voglia di aspettare i ripensamenti e con toni insolitamente duri annuncia che "il divorzio non sara' consensuale".
Londra, dice Juncker, deve presentare "immediatamente" la richiesta di avvio dei negoziati per uscire dall'Unione. "Non capisco perche' il governo britannico abbia bisogno di aspettare fino a ottobre per decidere se inviare o meno la lettera di divorzio a Bruxelles. Vorrei riceverla subito", ha detto in una intervista. Intanto l'Europa attende il risultato di un altro test: le elezioni politiche in Spagna che domani potrebbero portare al governo gli euro-critici Podemos. L'esito e' molto incerto e la maggior parte degli analisti ipotizza che neanche questa seconda consultazione elettorale, a sei mesi di distanza dalla prima, bastera' per arrivare alla formazione di un nuovo esecutivo. (AGI)