Un trionfo annunciato quello di Boris Johnson, nuovo leader dei Tory e da oggi premier britannico, a cui ha contribuito lo stile comunicativo poco ortodosso dell'ex sindaco di Londra, fatto di gaffe, battute pesanti e un disprezzo totale per il politicamente corretto. Se molti editorialisti guardano con incredulità, se non malcelato disprezzo, all'ascesa al vertice del governo britannico di una figura così eccessiva, Johnson è conscio che il segreto del suo successo sta anche negli exploit che lo hanno reso famoso, tanto da far ritenere che questi siano spesso più studiati che involontari (cosa della quale, secondo un recente sondaggio del Guardian, è convinta la maggior parte dell'opinione pubblica).
È anche grazie alle sue gaffe se Johnson riesce a farsi amare da quei ceti popolari frustrati dalla globalizzazione che in larga parte hanno votato per il 'Leave' al referendum sulla Brexit. Appare come uno 'che dice le cose come stanno', quindi quasi uno di loro, sebbene provenga da una famiglia agiata e sia stato educato negli esclusivi college di Eton e Oxford, dove la futura classe dirigente inglese forgia contatti che torneranno utili decenni dopo. E chi altri brandirebbe un'aringa sotto vuoto per attaccare le politiche della Ue in campo di conservazione degli alimenti (pazienza se la normativa che si voleva criticare era, in questo caso, britannica)? Nigel Farage di sicuro, Theresa May no di certo.
I parallelismi con Donald Trump, anch'egli 'uomo del popolo' di estrazione tutt'altro che popolare, da questo punto di vista sono inevitabili. Un'identificazione tra leader e base che è una parte importantissima del profilo dei politici cosiddetti 'populisti'. E alla quale potrebbe avere contribuito persino la fama di fedifrago di Jonhson, alimentata dai tabloid che riportano con puntualità le sue avventure extraconiugali, vere o presunte.
È un risvolto tutt'altro che scontato. Se in Francia o in Italia l'elettorato è piuttosto indifferente alla vita privata dei suoi rappresentanti, nel Regno Unito fino a non molto tempo fa una scappatella poteva essere sufficiente a segnare in negativo il destino di un politico. Oggi però il neopuritanesimo anglosassone pende da un'altra parte, quella delle conseguenze non intenzionali del fenomeno '#metoo'.
Boris Johnson, invece, 'fa battute inopportune, dice le parolacce e mette le corna alla moglie proprio come me': questo il meccanismo di identificazione che scatta nella testa di molti sostenitori. E lui lo sa benissimo. "Sono molto fiero delle mie gaffe", ha dichiarato di recente durante un'iniziativa di partito a Darlington, "molto spesso le gaffe finiscono per essere la verità senza abbellimenti'.
Di seguito una rassegna, tutt'altro che esaustiva, delle 'sparate' che hanno reso Johnson celebre, alcune delle quali risalenti al suo passato da editorialista:
- Gennaio 2002
Un anno dopo essere stato eletto in Parlamento, nella sua seguitissima rubrica sul 'Telegraph', Johnson dileggia una visita dell'allora premier Tony Blair in Africa scrivendo che, al suo arrivo, "i guerrieri tribali" lo avrebbero accolto con "sorrisi al cocomero", giocando sullo stereotipo secondo il quale i neri sarebbero ghiotti di angurie. Johnson aggiunge quindi che la regina ama il Commonwealth "anche perché le fornisce regolarmente folle di negretti che agitano bandiere". Pesante la scelta lessicale: i piccoli indigeni vengono definiti 'piccaninnies', termine considerato un insulto razziale.
- Giugno 2002
Esce il primo libro di Johnson: 'Friends, Voters, Countrymen'. I passaggi sui matrimoni gay sono un po' controversi: "Se il matrimonio gay fosse ok - e avevo dubbi su questa questione - allora non vedo nessuna ragione di principio per non consacrare un'unione tra tre uomini, piuttosto che due, o magari tre uomini e un cane". Tempo prima, sempre sul 'Telegraph', aveva definito gli omosessuali "culattoni in canottiera (tank-topped bumboys)".
- Aprile 2005
BoJo dà il meglio di sè durante la campagna elettorale per le elezioni di maggio, durante le quali promette che votare i Tory "farà diventare più grosse le tette di vostra moglie e aumenterà le vostre chance di possedere una Bmw M3" e afferma di sostenere David Cameron "per cinico interesse personale". Interpellato sul suo punto di vista sulle droghe, Johnson afferma poi di "averlo dimenticato".
- Settembre 2006
Johnson da' prova di autoironia affermando di aver aggiunto la Papua Nuova Guinea al suo "itinerario globale di scuse". Poco prima aveva scritto sul 'Telegraph' che da dieci anni il Partito Conservatore era attraversato da 'orge di cannibalismo e uccisione dei capi nello stile della Papua Nuova Guinea'.
- Aprile 2007
Boris Johnson, nel suo ruolo di responsabile conservatore per l'Università, visita l'ateneo di Portsmouth e poi scrive su GQ: "Eccoci qua in uno dei recessi più depressi dell'Inghilterra meridionale, un posto troppo pieno di droghe, obesità, delusione e deputati laburisti". Dopo l'inevitabile polemica, afferma che "sarebbe andato a Portsmouth a piedi per chiedere scusa".
- Novembre 2007
Boris Johnson scrive sul 'Telegraph' un articolo a sostegno della candidatura di Hillary Clinton alla Casa Bianca, definendo però il suo aspetto come quello di "un'infermiera sadica di un manicomio". Assai più negativa la sua opinione su George W. Bush, che definì "un texano strabico, guerrafondaio, disarticolato e non eletto".
- Ottobre 2015
In un articolo sul 'Sun' Johnson accusa Barack Obama di aver rimosso un busto di Winston Churchill dal suo studio come "sgarbo" nei confronti della "Gran Bretagna", nazione per la quale avrebbe una "avversione ancestrale" essendo "mezzo kenyota" (il Kenya era una colonia britannica). Il deputato conservatore Nicholas Soames, pronipote di Churchill, bolla l'articolo come "una totale idiozia". Obama replica di avere un busto di Churchill nella sua residenza presidenziale.
- Aprile 2016
Johnson vince il concorso dello 'Spectator' per il componimento più offensivo nei confronti di Erdogan con un limerick nel quale il presidente turco viene descritto come un 'segaiolo pazzesco' dedito al sesso con le capre.
- Gennaio 2017
Durante una visita ufficiale in Myanmar, Johnson recita la poesia di Rudyard Kipling 'The Road to Mandalay', uno dei cui versi è: 'Le campane del tempio dicono/ Ritorna, soldato inglese'. Sulla decolonizzazione e il 'fardello dell'uomo bianco' evocato dal grande poeta britannico si può discutere a lungo ma la scelta del contesto, un luogo sacro del buddismo come la Pagoda di Shwedagon, è quantomeno inopportuna. L'allora ministro degli Esteri viene accusato di essere "incredibilmente insensibile".
- Ottobre 2017
Affrontando la crisi libica durante un'incontro con uomini d'affari, Johnson afferma che Sirte potrebbe diventare la nuova Dubai "se solo togliessero i cadaveri dalle strade".
- Novembre 2017
La cittadina anglo-iraniana Nazanin Zaghari-Ratcliffe viene imprigionata dal governo di Teheran con l'accusa di essere una spia. Invece di sostenere la tesi secondo la quale la donna si trovava nella Repubblica islamica per una vacanza, Johnson afferma che si trovava lì "per insegnare giornalismo alla gente", un'affermazione che rafforza le convinzioni degli accusatori. Condannata a cinque anni "per aver tentato di rovesciare il governo iraniano", la donna è ora detenuta in isolamento e suo marito ha chiesto a Johnson di assumersi le sue responsabilità per quanto avvenuto.
- Agosto 2018
Nel criticare l'utilizzo del burqa nelle comunità islamiche locali più conservatrici, afferma che è "assolutamente ridicolo" che le donne vadano in giro conciate come "rapinatori di banche" o "cassette delle lettere".
- Giugno 2019
Salta fuori un frammento di un documentario girato dalla Bbc dove Johnson definisce i francesi degli 'stronzi' che 'ci vogliono fregare'. Dopo un negoziato con il 'Foreign Office' viene trovato un bilanciamento tra libertà di stampa e ragion di Stato mantenendo le accuse a Parigi ma rimuovendo lo 'stronzi' ('turds').