Il 12 settembre 1683 l’esercito asburgico sconfisse l’armata dell’impero ottomano. Ogni anniversario riaccende lo scontro tra ultradestra e sinistra, ed anche quest'anno la collina del Leopoldsberg è stata teatro di scontri, manganellate e fuggi fuggi nella boscaglia. In prossimità del fatidico 12 settembre, infatti - come racconta La Stampa - si affrontano due visioni del mondo, divise da un evento vecchio di tre secoli.
La battaglia di Vienna
Il 12 settembre 1683 la Vienna imperiale e asburgica, assediata dai musulmani dilaganti di Kara Mustafà, quando era ormai sul punto di cedere venne liberata da un'armata transnazionale di principi cristiani. In trentasei ore le truppe dell’imperatore Leopoldo I, con il fondamentale aiuto di quelle del re di Polonia Jan Sobieski, travolsero e misero in fuga le decine di migliaia di turchi che agli ordini del gran visir Kara Mustafa da due mesi cingevano d’assedio la città di Vienna.
Oltre tre secoli dopo, questo spartiacque della storia europea ancora divide le coscienze. La Turchia di Erdogan è più che mai in rotta di collisione con l'Austria, che ha vietato il velo nelle scuole, sta chiudendo sette moschee ed espellendo oltre 40 imam radicali. Erdogan da parte sua quando è in campagna elettorale fa scendere in piazza i "suoi" turchi anche nei Paesi di lingua tedesca, dove sono una fetta importante della società. Per tutta risposta, l'Austria minaccia di cacciarli.
La statua della discordia
Sono cinque anni che la destra della Fpo insiste per erigere sul Leopoldsberg un monumento alla vittoria del 1683 contro gli ottomani. Si è formato un comitato anche in Polonia, il sindaco di Cracovia ha messo a disposizione uno schizzo su carta del monumento equestre. Nella storica rocca del Leopoldsberg - spiega la Stampa - è già pronto il piedistallo, manca solo il via libera del comune di Vienna. Ma la commissione per le Belle Arti della giunta si è accorta che la statua disegnata dai polacchi non è politically correct: re Sobieski galoppa allegramente su una distesa di guerrieri islamici con la testa mozza. La scena dev'essere davvero sanguinolenta, perché in ben cinque anni nessuno è riuscito ad averne una foto.
Lo schizzo dei polacchi quindi è stato accantonato. Il capogruppo della Fpo non l'ha presa bene: "È un piacere fatto alla comunità turca di Vienna" dice. Il Comune viennese però da mezzo secolo è amministrato dai socialisti della Spo, che adesso sono all'opposizione del governo di centro-destra e rispondono beffardi: "Un monumento si farà, per carità, però forse non questo". Per prendere tempo viene esposta una semplice stele commemorativa in inglese, tedesco e polacco, subito sfregiata da ignoti con lo spray: 'No ai nazi'. Risultato: in prossimità della fatale ricorrenza, l'anno scorso e quest'anno manifestanti di destra e avversari di estrema sinistra se le sono date di santa ragione all'imbrunire con fiaccole, mazze e coltelli.
La chiesa contesa
La rocca del Leopoldsberg con annessa la chiesa in cui Marco d'Aviano tenne l'ultima predica prima dell'epica battaglia non è statale né comunale, bensì privata: appartiene a un convento di frati domenicani. Forse per smarcarsi dalla Fpo, la Chiesa austriaca ha affittato l'intero complesso per 99 anni a uno stravagante architetto-imprenditore, Alexander Serda, che è solito tenere a lungo chiusi e cadenti gli edifici storici che gli vengono affidati. Così è accaduto anche al sacrario del Leopoldsberg, riaperto nel giugno scorso dopo ben 11 anni di chiusura.
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