Aggiornato alle ore 8,00 del 10 ottobre 2019.
La più volte annunciata operazione militare a est del fiume Eufrate è iniziata ieri pomeriggio, ma diversi interrogativi potrebbero aprire a Recep Tayyp Erdogan scenari imprevisti nell'offensiva nel nord-est della Siria, a partire dalla sorte dei reduci dell'Isis e delle loro famiglie.
Da quanto si ta profilando, è probabile che l'esercito Libero siriano (Els), alleato di Ankara, sfondi dal confine di Tel Abyad, mentre i turchi passerebbero via terra da Ras al Ayn, nelle cui vicinanze sono stati sferrati i primi bombardamenti di oggi, che hanno colpito i depositi di munizioni e la principale strada di collegamento verso la città. Sia Tel Abyad (dove i curdi affermano di aver fermato l'offensiva di terra) che Ras al Ayn sono state abbandonate dai marine statunitensi lunedi mattina.
All'offensiva i turchi affiancheranno un pattugliamento intensivo del confine, con 100 blindati che hanno raggiunto Kilis, provincia turca a 68 km da Aleppo, ma non confinante con la superficie interessata dal prossimo intervento, in quanto a ovest dell'Eufrate. Il piano della Turchia, infatti, prevede la creazione di un corridoio della lunghezza di 480 chilometri e della profondità di 30 km, a est del fiume.
Un interrogativo con cui ad Ankara sono costretti a fare i conti riguarda la potenza di fuoco che i curdi dello Ypg sono disposti a mettere in campo, quando in gioco è una piccola parte del territorio sotto il loro controllo. Va ricordato che a partire dal 2015 i circa 45.000 uomini, di cui 13.000 arabi (fonte Pentagono) delle milizie curdo siriane hanno ricevuto armi e addestramento da parte degli Usa, nell'ambito della lotta all'Isis.
Che fine faranno i jihadisti prigionieri?
Il presidente turco dovrà anche tenere conto di possibili ricadute di politica interna, derivanti dalla parte di accordo tra Stati Uniti e Turchia in cui si prevede che Ankara prenda in custodia i prigionieri reduci dell'Isis. Nonostante le operazioni contro i gruppi separatisti curdi riscuotano sempre un largo consenso, sia parlamentare che popolare, l'idea di farsi carico di circa 2.000 terroristi e 60.000 familiari di persone provenienti da tutto il mondo che avevano abbracciato la causa del califfato, è divenuta motivo di dibattito in Turchia.
L'opposizione già parla di una "trappola" da parte degli Usa, che scaricherebbe la responsabilità dei prigionieri, così come di Francia, Germania, Gran Bretagna, Russia e gli altri Paesi, che hanno rifiutato di riprendersi e processare i propri cittadini radicalizzati e partiti per la Siria.
Erdogan ha accettato il fardello, ha annunciato che i prigionieri verranno trasferiti, ma non ha rivelato nessun piano a riguardo e per questo è finito nel mirino dell'opinione pubblica turca. È un fattore con cui il presidente turco dovrà fare i conti, considerato che l'operazione a est dell'Eufrate è stata annunciata per colpire lo Ypg e ricollocare i profughi siriani, ma ha come obiettivo far guadagnare all'Akp del presidente il consenso perduto nelle ultime elezioni.