La popolazione delle renne selvatiche, dette anche caribù, nell'Artico si è più che dimezzata negli ultimi 20 anni.
Il dato allarmante è contenuto in un nuovo rapporto - reso pubblicato in occasione dell'incontro della American Geophysical Research Union - sull'impatto dei cambiamenti climatici nell'Artico; lo studio rivela che il numero degli esemplari di renna è precipitato da 5 milioni a circa 2,1 milioni.
Il motivo è che l'andamento del clima e i cambiamenti nella vegetazione stanno rendendo la tundra artica un posto molto meno ospitale per questo animale.
Renna e caribù sono la stessa specie, ma per le vaste e selvagge mandrie che abitano l'Alaska e il Canada del nord si usa più spesso caribù. Secondo gli scienziati che le monitorano, sono proprio queste mandrie a pagare il prezzo più alto dei cambiamenti climatici.
Alcuni branchi si sono ridotti del 90%, una diminuzione "così drastica che non permettere di pensare che all'orizzonte possa esservi un recupero", si legge nel rapporto intitolato "Arctic Report Card".
"Il surriscaldamento globale porta a un cambiamento della vegetazione", ha spiegato alla Bbc il professor Howard Epstein, coinvolto nella ricerca. "I licheni che i caribù amano mangiare crescono a livello della terra. "Il riscaldamento porta alla crescita di una vegetazione più alta che surclassa i licheni", ha aggiunto lo scienziato.
Un'altro grande problema è il numero degli insetti. "Climi più caldi significano solo più insetti nell'Artico - ha continuato Epstein - e gli insetti sono oppressivi e costringono questi animali a spendere molta più energia per liberarsene o per trovare posti dove nascondersi". Gli scienziati avvertono che è stata aperta la porta "del congelatore del mondo" e che continuano ad accumularsi prove che lasciano intendere che il riscaldamento dell'Artico continuerà.