Per la prima volta dal 1994, i tempi di Bill Clinton presidente, la Camera dei Rappresentanti statunitense ha approvato una legge sul possesso delle armi. Con 240 voti a favore e 190 contrari, il “Bipartisan Background Checks Act of 2019” (H.R. 8) supera il primo ostacolo e passa al Senato, dove però l’approvazione è meno scontata. Lì, nella Camera alta del Parlamento statunitense, la maggioranza repubblicana promette di opporsi con forza. Senza contare che il presidente Donald Trump ha già minacciato di porre il veto.
Che cosa prevede la nuova legge sulle armi
“Lo scopo di questa legge – recita il testo appena votato - è utilizzare l'odierno processo di verifica dei precedenti per garantire che le persone a cui è proibito possedere armi non siano in grado di ottenere armi da fuoco”. La norma si concentra sui “background checks”, ovvero sull’analisi della fedina penale degli aspiranti acquirenti di armi. La novità sta nell’obbligo di procedere a queste verifiche in tutte le circostanze d’acquisto, comprese le compravendite online e le fiere di settore: finora, osserva Npr, erano obbligatorie soltanto nei casi di acquisto presso commercianti con licenza.
C’è un’altra novità pronta a essere discussa alla Camera: si tratta del “Enhanced Background Checks Act of 2019” (H.R. 1112) che intende estendere il periodo a disposizione delle autorità federali per fare le opportune verifiche prima che l’arma venga venduta all’acquirente. Dai tre giorni attuali, i democratici vogliono portarli a dieci.
Trump: “Pongo il veto”
Il testo, presentato dal californiano Mike Thomson, ha avuto vita semplice alla Camera dove i democratici sono in maggioranza: soltanto due deputati del partito dell’asinello ha votato contro, mentre otto repubblicani si sono espressi a favore. Thompson ha parlato di “momento storico” e su Facebook ha esultato rivendicando di “essere finalmente andati oltre a pensieri a preghiere”, lo slogan oramai di tendenza quando avvengono tragedie dovute all’uso delle armi da fuoco.
L’entusiasmo del promotore del testo, in ogni caso, rischia di venir presto smorzato dal voto del Senato dove far passare il testo sarà ben più complicato, considerata la forza dei conservatori. Anche qualora la legge dovesse passare alla camera alta, l’ultima parola spetterà al presidente Trump che ha già fatto sapere di essere pronto a bloccare tutto. Con una nota ufficiale, il 25 febbraio la Casa Bianca ha fatto sapere che “se l’H.R. 8 e l’H.R. 1112 verranno sottoposti al presidente, i suoi consiglieri gli suggeriranno di porre il veto”. Due i motivi, stando al comunicato: l’onerosità dei controlli delle transazioni di armi da fuoco e la minaccia di al secondo emendamento che sancisce il diritto dei cittadini rispettosi della legge a possedere armi.
Con controlli adeguati sarebbe stata evitata qualche strage?
Negli Stati Uniti il tema delle armi è particolarmente dibattuto. La National Rifle Association (l’associazione in favore dei possessori di armi da fuoco), tramite il proprio direttore Chris Cox, ha già criticato il testo sostenendo che "trasformerà in criminali gli americani rispettosi della legge". Secondo un sondaggio del 2018 di Gallup, il 43% degli americani ha un’arma in casa, una vera e propria abitudine: eppure il 92% dei cittadini è favorevole a estendere i controlli sui precedenti penali agli acquirenti di armi in tutte le circostanze, esattamente il testo in discussione al Parlamento.
Negli States, d’altro canto, di armi si continua a morire. Secondo i dati dell’organizzazione Everytown for gun safety, in media perdono la vita 36.383 persone all’anno e altre centomila vengono ferite. Nightclub, locali, caffetterie, scuole, l’elenco delle stragi statunitensi è lungo: la nuova legge ne avrebbe evitata qualcuna? I sostenitori dicono di sì, riferendosi in particolare a quella del 17 giugno 2015 a Charleston, in Carolina del Sud, quando il 21enne suprematista bianco Dylann Roof uccise nove persone in una chiesa. In quel caso, per via di una condanna per stupefacenti, al giovane sarebbe stato impedito possedere un’arma.